The Conseil Constitutionnel Française Ruled on the Constitutional Legitimacy of the Offence of Violation of the Prohibition to Leave One's Home
Rights at the Time of the Health Emergency
Il Conseil constitutionnel, adito dalla Cour de cassation, si è occupato, con una sentenza pubblicata il 26 giugno 2020 (n. 2020-846/847/848) della legittimità costituzionale di due norme dettate per fronteggiare l'emergenza sanitaria da Covid-19: gli articoli L. 3136-1, c. 4 e L. 3131-15, c. 2 del codice della salute pubblica. In base a questa seconda disposizione, nelle zone in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitaria, il Primo Ministro può, di concerto con il Ministro della salute, ai soli fini di tutelare la salute pubblica, vietare alle persone di uscire dal proprio domicilio, se non per esigenze familiari o di salute. L'articolo L. 3136-1, c. 4 prevede che nel caso in cui, nell'arco di un mese, a tre violazioni verbalizzate del divieto ne segua una quarta, al responsabile verranno applicate una sanzione principale pari a sei mesi di detenzione e 3750 euro di multa e la sanzione accessoria dei lavori di pubblica utilità, oltre alla sospensione della patente di guida nel caso in cui la violazione sia stata commessa in auto. I ricorrenti nel giudizio a quo censurano le disposizione sotto plurimi punti di vista: a) in primo luogo, ravvisano una violazione del principio di legalità, in quanto il legislatore avrebbe delegato al potere esecutivo l'individuazione dei casi in cui è concesso lasciare il domicilio, e quindi la scelta in ordine agli elementi costitutivi del reato. Ritengono inoltre che l'espressione «bisogni familiari o di salute» sia imprecisa, e che equivoco sia il concetto di «verbalizzazione», con la conseguenza che questa, stando al dato testuale («se le violazioni [..] sono verbalizzate più di tre volte»), potrebbe anche essere posta in essere più volte per un'unica violazione del divieto; b) la norma violerebbe la presunzione d'innocenza, il diritto di difesa e il diritto a un ricorso effettivo: le prime tre violazioni non sarebbero infatti sottoposte ad accertamento da parte di un giudice, e inoltre la condanna per il delitto seguirebbe automaticamente all'accertamento delle precedenti tre verbalizzazioni; c) la pena di sei mesi di reclusione sarebbe sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso; d) infine, essa si aggiungerebbe alle sanzioni inflitte per le infrazioni precedenti, con conseguente violazione del divieto di bis in idem. Il Conseil constitutionnel respinge tutte le doglianze. Quanto al principio di legalità, enunciato dall'articolo 8 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 e dall'articolo 34 della Costituzione, la Corte nega, in primo luogo, che le espressioni «verbalizzazione» e «bisogni familiari e di salute» siano in alcun modo equivoche: in particolare, quanto alla prima, essa fa chiaramente riferimento al verbale d'infrazione il quale, alla luce di un dato testuale che la Corte non ritiene affatto impreciso, non può che essere redatto ogni volta (e solo una volta) che un soggetto venga sorpreso all'esterno del proprio domicilio in violazione del divieto. Il legislatore, poi, prevedendo un delitto per il caso in cui una persona sia sorpresa a violare il divieto di allontanamento del domicilio per la quarta volta in un mese, qualora le precedenti tre violazioni siano state verbalizzate, ha individuato il precetto penale in modo sufficientemente preciso; l'unico punto di incertezza riguarda le eccezioni al divieto di allontanamento del domicilio, che il Primo Ministro rimane libero di individuare anche al di là delle ipotesi di esigenze familiari o sanitarie: la Corte esclude comunque che tale potere sia conferito all'esecutivo in violazione della riserva di legge, e questo in quanto le eccezioni eventualmente previste dovranno in ogni caso assicurare che i divieti siano proporzionati ai rischi da scongiurare nonché appropriati alle circostanze di tempo e luogo (art. L. 3131-15 u.c.). Il Conseil constitutionnel rigetta in modo lapidario anche le altre censure: la presunzione d'innocenza e il diritto di difesa non vengono in gioco, in quanto il tribunale, chiamato ad affermare la responsabilità per la quarta violazione, valuterà anche la regolarità e la fondatezza dei verbali riguardanti le precedenti infrazioni; altrettanto palese è la non violazione del ne bis in idem, in quanto la quarta violazione del divieto, punita ai sensi delle norme qui in oggetto, è fatto diverso dalle tre violazioni precedentemente accertate; infine, la pena di sei mesi di reclusione non è sproporzionata rispetto al bene giuridico tutelato, che è quello della salute pubblica posta in pericolo da una grave emergenza sanitaria. In conclusione, la Corte afferma la piena compatibilità con la Costituzione delle norme censurate.
(Cecilia Pagella)