The article moves from Italian drug-policy’s failures and goes on to analyze how the Italian legal system endeavors to minimize soft-drug offenses relevance. A two-faced picture thus emerges: on the one side, the legislator proves incapable of reforming the current, wasteful drug-policy; on the other, some judges tend to ‘practically decriminalize’ low-danger offenses. The author maintains that this case-law approach, although somehow alleviating, does neither match the goal of legal certainty, nor prove effective in fighting mass drug-dealing.
Gli artt. 1-5 del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 hanno dato attuazione alla direttiva di legge delega contenuta nell’art. 1 comma 1 lett. m della legge 28 aprile 2014, n. 67, che invitava il governo a «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento». Nel presente contributo, la riforma viene analizzata nei suoi numerosi aspetti problematici: proiezione funzionale dell’istituto, natura giuridica, presupposti applicativi, risvolti processuali, rapporti con l’azione civile di risarcimento del danno.
La l. n. 69/2015 ha incisivamente modificato le fattispecie di false comunicazioni sociali previste dagli artt. 2621 e 2622 c.c., con una netta inversione di tendenza rispetto alla riforma della previgente disposizione incriminatrice ex art. 2621 c.c., attuata nel 2002. Sebbene la tecnica normativa impiegata dal legislatore susciti svariate perplessità sul piano redazionale, un’interpretazione sistematica delle nuove norme potrebbe scongiurare il rischio di ineffettività delle stesse. Problematica è altresì l’individuazione dell’esatta portata delle previsioni di favore contenute negli artt. 2621-bis e 2621-ter c.c., che si riverberano su un trattamento sanzionatorio nel complesso coerente.