Con la sentencia de 12 de febrero de 2020, la Corte Constitucional abre una brecha en el muro que por largo tiempo ha separado el derehco penla sustancial y las normas de ejecución de la pena, en relación al principio de legalidad. Siguiendo un razonamiento que oscila entre la salvaguarda de las exigencias de previsibilidad y las razones de existencia del Estado de Derecho, la Corte afirma que están sujetas al principio de legalidad las modificaciones desfavorables de las instituciones que determinan una transformación de la naturaleza de la pena y que, por lo tanto, inciden de manera directa y concreta sobre la libertad personal del condenado. Por consiguiente, la Corte Constitucional declara la inconstitucionalidad de la aplicación retroactiva de los límites para acceder a las medidas alternativas establecidas en el artículo 4-bis ord. pen. respecto a los condenados por delitos contra la administración pública cometidos con anterioridad a la entrada en vigor de la ley n. 3/2019. Por otra parte, permanece todavía abierta la cuestión sobre la legitimidad tout court de la ampliación del catálogo de los delitos establecidos en el artículo 4-bis ord. pen. bajo el principio de razonabilidad y de la finalidad reeducativa de la pena.
Per il vuoto strutturale che lo caratterizza, il tipo colposo è afflitto da un carattere di «incompletezza» e di apertura a un costante rimando esterno di tipicità, che si traduce nel necessario ricorso a regole di condotta (positive o prasseologiche), aventi sostanza cautelare, in funzione co-fondativa del fatto tipico. Queste peculiarità danno luogo a problemi notevoli che concernono dapprima il raccordo tra la teoria della colpa e il principio di riserva di legge e, di seguito, il corretto inquadramento delle cautele nella geografia del fatto colposo, l’attrazione delle stesse nello spettro applicativo dell’articolo 2 c.p. e la loro attitudine integratrice anche quando – cristallizzate in fonti subordinate – non si limitino a un apporto specialistico. I profili appena citati sono presenti anche nel microsistema degli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali delineato dal c.d. recente «decreto palchi», e le soluzioni adottate dal legislatore richiedono di essere analizzate criticamente alla luce delle più moderne acquisizioni dottrinali.
Il contributo prende le mosse da una recente pronuncia della Cassazione che, per risolvere una questione di successione di norme penali nel tempo, ha fissato il tempus commissi delicti di un omicidio colposo in corrispondenza della verificazione dell’evento letale, ed ha perciò applicato una pena più severa di quella vigente al momento – assai più risalente – in cui l’imputato aveva posto in essere la condotta causalmente rilevante. L’Autore critica la soluzione abbracciata dalla Suprema Corte alla luce del principio costituzionale di irretroattività in malam partem, nonché dell’omologo principio sancito dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A quest’ultimo proposito, viene prospettata la possibilità di presentare un ricorso alla Corte di Strasburgo, finalizzato ad ottenere l’accertamento della violazione e la successiva rideterminazione della pena in executivis.
Ci si interroga sull’applicabilità della nuova incriminazione ai reati-presupposto commessi prima della sua entrata in vigore e ci si accorge che la soluzione affermativa, “politicamente scontata”, non è così facile da percorrere, tenendo conto delle regole generali. La questione dà l’occasione di ripercorrere taluni concetti della struttura del reato, quali la differenza tra “presupposto” e “condotta”, anche in una prospettiva sistematica. Ci si interroga infine sulla applicabilità della nuova incriminazione alle attività economiche già intraprese al momento dell’entrata in vigore della norma.
Gli Autori, in un commento ‘a prima lettura’ della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di talune importanti disposizioni della legge cd. “Fini Giovanardi”, ne indagano gli effetti immediati – consistenti nella ‘caducazione’ della fonte impugnata, inclusi gli effetti abrogativi di quest’ultima, e nella conseguente reviviscenza della disciplina previgente – e ne ripercorrono le implicazioni dal punto di vista intertemporale. L’analisi mette in luce, altresì, l’importanza della citata pronuncia nella sistematica della giurisprudenza costituzionale, evidenziandone in particolare la rilevanza sul versante della giustiziabilità del principio della riserva di legge in materia penale, anche alla luce degli obblighi di penalizzazione ‘eurounitari’.