con la colaboración cientí­fica de
ISSN 2611-8858

Temas

Nexo causal

A la caza del estándar probatorio: biografía no autorizada de la dogmática penal

Relacionar las ideas sobre proceso penal y derecho penal material ofrece un panorama interesante y no debidamente explorado. Es factible que la idea de que el derecho procesal penal es un mero instrumento de la realización del derecho penal material deba ser revisada. Hay buenas razones para pensar que la evolución de la dogmática penal y de su sistema de teoría del delito se ha guiado sino en forma exclusiva sí en forma relevante por la necesidad de facilitar el logro de cierto estándar de prueba en el sistema de enjuiciamiento. Los sucesivos cambios en las visiones que ha tenido la ciencia penal sobre concepto como Dolo, Autoría, límites de la omisión, crisis de la causalidad y desarrollo de la imputación objetiva, y algunos otros, han tenido como consecuencia difícilmente casual un facilitamiento de la demostración procesal. Si este diagnóstico fuera correcto, se abre un interesante debate sobre el sostén ético de esa evolución.

Causation and epidemiologic evidence: insights from “toxic cases” in the US and in Italy

Acreditar el nexo de causalidad entre la exposición a sustancias tóxicas y enfermedades con extensos periodos de latencia es a menudo particularmente difícil. Lo anterior puede apreciarse con claridad en la experiencia estadounidense en materia de responsabilidad civil por sustancias tóxicas, así también como en los procesos penales italianos por enfermedades relacionadas con el trabajo o la contaminación. Luego de resumir los principales problemas que rodean la prueba de la causalidad en los casos de sustancias tóxicas, el presente trabajo aborda la cuestión de si es posible valorar los estudios epistemológicos - principal prueba científica en este tipo de procedimientos - de una forma diversa, más eficaz, a lo que ha sido hasta ahora

Obblighi di tutela penale del diritto alla vita ed accertamento del nesso causale

La decisione pronunciata dalla Corte europea dei diritti umani sul caso Smaltini c. Italia offre lo spunto per occuparsi, nel dibattito odierno dedicato «alla prova dei fatti» e segnatamente alle categorie dogmatiche ed agli standard probatori in prospettiva sovranazionale, del tema dell’accertamento della causalità penale dall’angolo prospettico degli obblighi procedurali di tutela convenzionale del diritto alla vita che vincolano le autorità giudiziarie nazionali a svolgere effettive attività di indagine per accertare le cause e punire i responsabili di decessi avvenuti in situazioni di inquinamento industriale. La pronuncia costituisce la risposta europea ad un ricorso per violazione del diritto alla vita prospettato da una donna, residente nell’area inquinata dall’attività produttiva dell’ILVA di Taranto, ammalatasi di leucemia mieloide acuta e pendente ricorso deceduta, che trae origine dall’archiviazione del procedimento penale per difetto di prova del nesso causale tra la patologia contratta e le emissioni inquinanti provenienti dallo stabilimento industriale. Rileva in termini significativi la scelta della Corte di Strasburgo di valutare alternativamente se le autorità italiane, nell’archiviare il procedimento penale per difetto di prova della causalità, abbiano adeguatamente motivato la loro decisione di non acquisire nuovi elementi probatori oppure, disponendo in realtà di «elementi sufficienti» per ritenere provato il «nesso causale», si siano rese responsabili della violazione dell’obbligo europeo. Dinanzi a tale alternativa, la prima conclusione – come si evince dalle espresse righe motivazionali del provvedimento europeo – ha trovato avallo «alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca dei fatti». Ciò, tuttavia, come precisato dalla Corte europea, «senza pregiudizio dei risultati degli studi scientifici a venire», inciso questo che lascia aperte le porte a possibili conclusioni future di esito diverso nel segno dell’evoluzione scientifica.

La recente evoluzione giurisprudenziale sul nesso causale nelle malattie professionali da amianto

Dopo una sintetica ricostruzione della struttura dell’accertamento del nesso causale, così come configurata dalla scienza giuridica e dalla giurisprudenza post Franzese, l’Autore compie una disamina dettagliata della più recente evoluzione giurisprudenziale in tema di causalità rispetto alle malattie professionali connesse all’amianto. Il quadro che ne esce è di estremo interesse, dovendosi registrare un netto contrasto in ordine all’effetto acceleratore sul mesotelioma da parte delle esposizioni successive alla c.d. iniziazione della patologia: nella giurisprudenza di merito, a un orientamento che afferma l’esistenza di tale effetto se ne contrappone un altro che invece lo nega; anche la giurisprudenza di legittimità risulta divisa tra un orientamento che accoglie l’ipotesi dell’effetto acceleratore e uno che invece prende atto di un contrasto all’interno dello stesso mondo scientifico. Alla luce di questo quadro si pone l’interrogativo se non sia divenuto necessario un intervento delle Sezioni Unite volto non tanto a prendere posizione sulla diatriba scientifica, quanto piuttosto a chiarire il ruolo del giudice allorquando la stessa spiegazione scientifica di un determinato decorso casuale reale risulta incerta. A ben vedere, infatti, all’origine di questi contrasti sembra essere la stessa sentenza Franzese e un consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi successivamente, i quali, attraverso il criterio della credibilità razionale, attribuiscono al giudice il ruolo di valutare lo stesso fondamento delle leggi scientifiche esplicative dei processi causali.

Terremoto dell’Aquila e responsabilità penale

Il 22 ottobre 2012 il Tribunale dell’Aquila condanna i membri della Commissione Grandi Rischi –organo consultivo della protezione civile, di cui fanno parte alcuni tra i più grandi esperti italiani di vulcanologia e sismologia – a 6 anni di reclusione, per i delitti di omicidio colposo e lesioni colpose in relazione a 36 delle vittime del devastante sisma che aveva colpito la città nell’aprile del 2009. L’analisi della sentenza “Grandi Rischi” – definita “storica” dai mass media, ma accolta con preoccupazione dalla comunità scientifica internazionale – costituisce l’oggetto del presente lavoro. Si ripercorreranno, infatti, i passaggi fondamentali di tale pronuncia: quello relativo al nesso di causalità fra la condotta di tipo comunicativo tenuta dai membri della Commissione e l’evento morte (o lesioni) delle vittime e quello concernente, invece, la possibilità di muovere a questi ultimi un rimprovero per colpa, generica o specifica.