A dieci anni dalla morte di Juan Bustos Ramírez (1935-2008), e in occasione di un seminario in sua memoria organizzato a Santiago del Cile dall’Università Alberto Hurtado e dall’Universidad de Chile il 23 e 24 agosto 2018, un ex alunno del professor Bustos riflette su un episodio accaduto durante le sue lezioni, nel 1996. L’aneddoto costituisce uno spunto per qualche considerazione sulla straordinaria personalità del penalista cileno – allievo, a suo tempo, di Hans Welzel a Bonn, e più tardi ordinario presso l’Università Autonoma di Barcellona – e sul significato che Bustos attribuiva al diritto penale.
L’art. 11 del codice penale spagnolo (relativo al reato commissivo mediante omissione) è applicabile a tutti i reati di evento. Per punire un’omissione in relazione a un reato a condotta attiva e di evento è necessario che si possa imputare questo evento all’omissione, nel senso che l’attivarsi del soggetto avrebbe evitato tale evento, che deve essere la concretizzazione di un tipo di rischio indebitamente creato da chi abbia omesso di agire; ed è altresì necessario che questo dovere di agire violato abbia un valore analogo ai doveri di astensione da condotte rischiose rilevanti per l’evento. Inoltre, ai fini della tipicità per commissione per omissione sarà necessario che l’omissione abbia un disvalore equivalente a quello dell’azione, ciò che si verificherà sempre nei reati puri di evento.
Questo working paper, presentato a un seminario su “Constitutional Criminal Law” organizzato alla Toronto University il 14 e 15 settembre 2018 da Malcolm Thornburn e Christoph Burchard, è una risposta a un recente lavoro di Javier Wilenman, nel quale si sostiene tra l’altro che il controllo di costituzionalità delle norme penali è in generale inefficace e, allorché esercitato dalle corti, risulta in effetti controproduttivo. In questo contributo si sostiene, invece, che i) il controllo giudiziale della legislazione penale può essere efficace, e in molti casi è stato storicamente efficace; e che ii) ci sono ottime ragioni, dal punto di vista politico e istituzionale, per giustificare – quanto meno a talune condizioni – un esercizio attento di tale controllo.
All'alba del 7 luglio 2016, cinque giovani tra i 23 e i 28 anni, forti e robusti, consumarono un rapporto sessuale con una ragazza di 18 anni che avevano appena incontrato. I fatti hanno sollevato un enorme allarme sociale e provocato un denso dibattito giuridico per capire se la vittima abbia acconsentito all'atto sessuale o, in caso contrario, se i cinque aggressori la abbiano intimidita per compiere la loro aggressione sessuale di gruppo. Questi fatti hanno portato il legislatore spagnolo a prendere in considerazione la riforma del codice penale, che oggi distingue tra violenza sessuale (compiuta con violenza o intimidazione, artt. 178 e 179) e abuso sessuale (compiuto senza tali mezzi, art. 181), comparabili con la fattispecie di cui all'art. 609-bis del codice penale italiano.
Il caso "La Manada", un abuso sessuale di gruppo contro una giovane donna durante le feste di San Fermín a Pamplona, ha provocato un grande dibattito nella società spagnola sulla regolamentazione dei crimini sessuali, con manifestazioni di massa e un'intensa mobilitazione femminista. Questo contributo analizza i fatti, la qualificazione giuridica operata nella sentenza di primo grado e le ragioni che giustificano una revisione approfondita di questa materia.
Il paper si chiede come debba interpretarsi la doppia incriminazione nel contesto del principio del mutuo riconoscimento dopo la polemica sorta nel caso Puigdemont. Nel post si sostiene che i giudici tedeschi, nel rifiutare la consegna dell’imputato, hanno effettuato un’interpretazione erronea della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo, in contrasto con l’art. 82 del TFUE. L’identità nazionale è il criterio che, secondo l’autore, dovrebbe servire da guida all’interpretazione giurisprudenziale della doppia incriminazione.
Le sentenze della CEDU del 31 maggio 2018 nei casi Abu Zubaydah c. Lituania e Al Nashiri c. Romania dimostrano ancora una volta, nonostante le loro ripercussioni pubbliche siano piuttosto scarse, la complicità degli stati dell'UE con una politica antiterrorista statunitense in grado di mettere in discussione il divieto di tortura.