La Corte di Giustizia sul rapporto tra rinnovazione del dibattimento per mutamento del giudice e protezione delle vittime di reato
Corte di Giustizia UE, Prima Sezione, sent. 29 luglio 2019, causa C-38/18, proc. pen. a carico di Massimo Gambino, Shpetim Hyka
Con la sentenza in epigrafe, che si segnala all’attenzione dei lettori, la Corte di Giustizia si è pronunciata sull’interpretazione della Direttiva 2012/29/UE, recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.
La decisione è stata resa a seguito del rinvio pregiudiziale sollevato, ex art. 267 TFUE, dal Tribunale di Bari, il quale, nutrendo alcuni dubbi sulla conformità al diritto dell’UE degli artt. 511, c. 2, e 525, c. 2, c.p.p., ha fornito ai Giudici di Lussemburgo l’occasione di approfondire i rapporti intercorrenti tra la tutela della dignità della vittima, da un lato, e il rispetto dei principi dell’equo processo – in particolare del principio di immediatezza e del diritto al confronto –, dall’altro.
Evidenziando che l’esercizio dei diritti previsti dalla Direttiva a vantaggio della vittima non può comportare la lesione delle garanzie difensive dell’imputato, la Corte ha stabilito la compatibilità con gli artt. 16 e 18 della Direttiva 2012/29/UE – rispettivamente concernenti il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento e il diritto alla protezione – di una normativa nazionale che dispone, in linea di principio, la rinnovazione dell’audizione della persona offesa a seguito di un mutamento della composizione dell’organo giudicante, nel caso in cui una parte processuale neghi il consenso alla lettura dei verbali delle dichiarazioni precedentemente rese dalla vittima in sede giurisdizionale.
In tale ipotesi, resta comunque fermo il dovere per le autorità nazionali di procedere ad una valutazione individuale della persona offesa, finalizzata all’identificazione delle sue eventuali esigenze di protezione e delle conseguenti misure da adottare.
Risulta, peraltro, rilevante ricordare che il tema della rinnovazione del dibattimento per mutamento della persona fisica del giudice è stato recentemente oggetto di attenzione sia da parte della Corte costituzionale (Corte cost., sent. 29 maggio 2019, n. 132, Pres. Lattanzi, Rel. Viganò) che da parte delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. un., 30 maggio 2019 (dep. 10 ottobre 2019), n. 41736, Pres. Carcano, Rel. Beltrani, ric. Bajrami, qui allegata). Queste ultime hanno, in particolare, chiarito la portata interpretativa degli artt. 511, c. 2, e 525, c. 2, c.p.p., enunciando i seguenti principi di diritto: «il principio d’immutabilità del giudice, previsto dall’art. 525, c. 2, prima parte c.p.p., impone che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso giudice davanti al quale la prova è assunta, ma anche quello che ha disposto l’ammissione della prova, fermo restando che i provvedimenti sull’ammissione della prova emessi dal giudice diversamente composto devono intendersi confermati se non espressamente modificati o revocati; l’avvenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere, ai sensi degli artt. 468 e 493 c.p.p., sia prove nuove sia la rinnovazione di quelle assunte dal giudice diversamente composto, in quest’ultimo caso indicando specificamente le ragioni che impongano tale rinnovazione, ferma restando la valutazione del giudice, ai sensi degli artt. 190 e 495 c.p.p., anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione della stessa; il consenso delle parti alla lettura ex art. 511, c. 2, c.p.p. degli atti assunti dal collegio in diversa composizione, a seguito della rinnovazione del dibattimento, non è necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non chiesta, non ammessa o non più possibile».
(Francesca Manfredini)