La Slovacchia presenta una richiesta di parere consultivo alla Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di indagini a carico degli agenti di polizia

Attivato per la terza volta il meccanismo consultivo previsto dal Protocollo n. 16 della Cedu

La Corte Suprema slovacca ha rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo una richiesta ai sensi dell’art. 1 Protocollo n. 16 Cedu, il quale consente alle più alte giurisdizioni dello Stato firmatario di presentare ai giudici di Strasburgo richieste di pareri consultivi (non vincolanti) «su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli». Il meccanismo consultivo predisposto dal Protocollo n. 16che, si ricorda, non è stato ratificato dall’Italiatrova così applicazione per la terza volta: la prima richiesta di parere è stata infatti presentata nell’ottobre 2018 dalla Corte di cassazione francese, cui la Corte europea ha risposto con parere del 10 aprile 2019, mentre la seconda è giunta dalla Corte costituzionale armena nell’agosto 2019 e ha dato origine al parere del 29 maggio 2020.

La richiesta della Corte Suprema slovacca sorgeva nell’ambito di un procedimento penale a carico di un agente di polizia (condannato per aggressione ai danni di una donna), il quale in sede di ricorso lamentava che le indagini nei suoi confronti erano state condotte da un Dipartimento del Ministero dell’Interno, organo della cui imparzialità e indipendenza si dubitava. La Corte Suprema decideva dunque di sottoporre il problema alla Corte di Strasburgo, chiedendole di esprimersi circa la compatibilità dell’affidamento delle indagini al Dipartimento in questione con gli artt. 2 (diritto alla vita), 3 (proibizione della tortura) e 6 § 1 (diritto a un equo processo) Cedu, i quali impongono che le indagini sui reati commessi da agenti di polizia vengano svolte da un’autorità indipendente e imparziale.

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