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ISSN 2611-8858

Temi

Carcere

COVID-19 e indulto. La situazione in Cile

Il documento affronta in primo luogo brevemente la situazione cilena in relazione alla pandemia di Covid-19 e spiega alcune delle misure che il sistema di giustizia penale ha adottato in questo periodo, concentrandosi su un'analisi della legge sull’indulto recentemente approvata. In questo contesto, si dà conto dell'interessante sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto un questione di legittimità costituzionale sollevata da un gruppo di membri del Congresso, i quali hanno sostenuto che la suddetta legge violi l'uguaglianza davanti alla legge, così come la vita e la salute di un gruppo di detenuti, tutti condannati per gravi crimini contro l'umanità, gruppo che la legge sull'indulto esclude espressamente

At detention facilities, legal rights 'in name only'

Whether we call them 'concentration camps' or detention centers, the lack of justice for those seeking refuge must end

Il superamento delle preclusioni alla risocializzazione: un’occasione mancata della riforma penitenziaria

Ad oltre quarant’anni dalla riforma penitenziaria, l’umanesimo di matrice costituzionale che ne aveva ispirato la trama sembra aver lasciato il passo ad una involuzione carcerocentrica veicolata da molteplici interventi punitivo-simbolici con cui il legislatore dell’emergenza ha inteso “trincerare” il sistema penitenziario. Utilizzando il grimaldello rappresentato dall’art. 4-bis ord. penit., sono stati progressivamente inseriti numerosi automatismi carcerari, basati su presunzioni pressoché assolute di persistente pericolosità sociale, che impongono di default un trattamento carcerario di rigore. In direzione opposta si è mossa la giurisprudenza costituzionale, impegnata in un’opera di reductio ad constitutionem del sistema penitenziario che sembra celare l’inizio di un progressivo superamento del modello di decisione giudiziale basato su regole generali indefettibili, che affidano al solo legislatore il bilanciamento degli interessi in gioco, amputando di netto la discrezionalità del giudice. Lungo questa traiettoria si è inserita la recente riforma penitenziaria, nata con il dichiarato intento di superare il rigido sistema delle preclusioni alla riabilitazione, relativizzando le presunzioni assolute di pericolosità e restituendo al giudice di sorveglianza la facoltà di individualizzare il trattamento carcerario. Il pregevole lavoro istruttorio e redazionale iniziato con gli Stati generali e poi confluito nel progetto Giostra, però, ad un metro dal traguardo è stato travolto dall’ennesima deriva populista, che ha stroncato l’opera di sfoltimento delle ipotesi ostative alla rieducazione

Crisi del carcere e culture di riforma

Il saggio muove dalla constatazione della contraddizione in cui oggi si trova la pena carceraria: da un lato, essa può vantare un’originaria fondazione razionalistica e scientista, che ne ha fatto uno strumento apparentemente irrinunciabile; ma, dall’altro, sono attualmente evidenti i segni di una crisi profonda da molteplici punti di vista, umanitario, ideologico e di efficienza. Siamo dunque dinanzi ad un momento di svolta nella politica penale italiana e le linee lungo le quali potrà evolvere il sistema sanzionatorio corrispondono a premesse culturali assai diverse tra loro anche se non necessariamente alternative. Le possibili direttrici di riforma sono principalmente tre: quella delle misure alternative penitenziarie, quella delle pene alternative non carcerarie e quella della giustizia riparativa. Di ciascuna di esse viene esaminato il rapporto con la “monocultura” carceraria.

Sepolti vivi. Il carcere al tempo delle Pratiche criminali: riti antichi per funzioni nuove

Il saggio intende ripercorrere in chiave storico-giuridica le tappe evolutive del carcere: da strumento destinato ad assicurare la presenza dell’imputato al processo e all’esecuzione della sentenza a luogo di detenzione in forma sanzionatoria. Osservatorio privilegiato di indagine sono le Pratiche criminali di area italiana: un genere letterario di rilevante importanza nell’età moderna, testimonianza insostituibile di quella straordinaria miscela di legislazione, dottrina, giurisprudenza e prassi fondativa del diritto comune. Le Pratiche contengono un’analisi originale del carcere quale luogo di reclusione in attesa di giudizio; dettano linee guida volte a disciplinare i delicati rapporti tra carcerieri e detenuti, ispirati a un misto di garantismo e di terrore; descrivono le modalità e le caratteristiche dei luoghi destinati ad accogliere i prigionieri, per evitare forme di aberrazione e di tortura. In esse si trovano già anticipati i temi che diverranno oggetto di analisi e di dibattito dal Settecento in poi, quando si comincia a individuare nel carcere la pena per eccellenza, emblema di una società civile che ripudia lo splendore dei supplizi dei secoli antecedenti. Eppure, esso continua a mantenere nei secoli i tratti aspri e afflittivi che le Pratiche delineavano (e che, al tempo stesso, cercavano di moderare in un delicato equilibrio tra umanità e repressione). E tutto ciò non può non porre interrogativi anche al giurista di oggi sul tema della condizione carceraria, di fronte alla quale lo storico non può non avvertire echi del passato.

Crisi del sistema sanzionatorio e prospettive di riforma: un dialogo tra storia, diritto ed arte

Il sistema sanzionatorio è caratterizzato da una storia complessa, in cui norme di diritto penale sostanziale, componenti criminologiche e dinamiche processuali, influenze teologiche, ratio politico-criminali e teorie architettoniche si sono costantemente intrecciati. Attraverso tre opere d’arte – una sorta di guisa ideale per la simbologia in esse contenuta – questo scritto ricostruisce il percorso che ha portato al superamento delle pene più crudeli e inumane, all’affermarsi della centralità del carcere, alla nascita delle misure alternative e alla progressiva crescita di attenzione per i diritti umani nel contesto delle logiche sanzionatorie. Per il tramite del dialogo tra storia, diritto ed arte si tenta una riflessione sul presente del sistema sanzionatorio e sui percorsi possibili di un suo rinnovamento a partire da più consolidati eppure fragili fondamenti teorici.

In dialogo con “Luciano Eusebi, La Chiesa e il problema della pena, Milano 2014”

La riflessione di Eusebi sul problema della pena, nell’ambito del pensiero cristiano, mette in luce il volto cattivo del diritto penale; propone, alla luce dell’art. 27 Cost., una visione della pena volta come percorso, piuttosto che come corrispettivo secondo un criterio rigido di proporzione; addita a modello la giustizia riparativa, intesa alla ricostruzione di legami sociali. L’aggancio alla religione cristiana apre prospettive che vanno oltre la giustizia statuale, e pone il problema della rilevanza di concezioni comprensive per la tenuta dello stato di diritto.

Il carcere come extrema ratio: una proposta concreta

Il carcere, con il suo contenuto di segregazione e i suoi effetti desocializzanti, è una pena che, oltre ad essere particolarmente afflittiva, costituisce l’ultima eredità di un diritto penale “escludente” che si pone in fortissima tensione con il diritto penale “inclusivo” forgiato dai principi personalistici sanciti dal moderno costituzionalismo. L’obiettivo di renderlo una pena eseguita in termini di extrema ratio può essere perseguito compiendo la scelta tra esclusione carceraria e inclusione non carceraria non soltanto sulla base della gravità del reato, ma anche fronteggiando il più possibile in libertà la crescente pericolosità sociale del reo (da leggersi come peculiari esigenze di risocializzazione), attraverso l’applicazione, sia in entrata che in uscita, di istituti ispirati alla probation. In concreto si può distinguere tra reati di elevata gravità, puniti in concreto con il carcere superiore a 4 anni, che assorbono qualsiasi valutazione di pericolosità sociale e che necessitano della immediata esecuzione della pena, salvo poi sospenderla in fase finale per applicare la liberazione condizionale come strumento di probation; reati di gravità media, puniti in concreto con il carcere fino a 4 anni, rispetto ai quali, in entrata, anche in presenza di recidivi, dovrebbe trovare applicazione la sospensione condizionale della pena come strumento di probation, fronteggiando la crescente pericolosità sociale del reo mediante l’incremento progressivo di prescrizioni volte a impedire la commissione di nuovi reati, mentre, là dove eseguita perché non più sospendibile in entrata, l’esecuzione carceraria potrebbe essere sospesa applicando la liberazione condizionale come strumento di probation; infine, reati di bassa gravità, puniti con pene principali diverse dal carcere, rispetto ai quali dovrebbe trovare applicazione la sospensione condizionale della pena in funzione di prevenzione speciale mediante intimidazione.