con la collaborazione scientifica di
ISSN 2611-8858

Temi

Colpa

Le best available techniques nella definizione del fatto tipico e nel giudizio di colpevolezza

Oggetto di questo contributo è la rilevanza attribuita alle c.d. migliori tecniche disponibili (Best available techniques) nella previsione e nell’accertamento degli illeciti penali in materia di ambiente. Per affrontare tale problematica occorre anzitutto chiarire cosa siano le BAT e come operino nel sistema ambientale, per poi valutare in che termini esse interessino il diritto penale. La risposta a quest’ultima domanda non potrà prescindere da una riflessione sulla natura delle BAT, la cui individuazione, apparentemente frutto di una scelta meramente tecnica, coinvolge anche considerazioni politico-economiche.

Opzioni legislative in tema di colpevolezza nei nuovi reati ambientali

La disciplina dei delitti ambientali inseriti nel codice penale induce ad interrogarsi intorno ad alcune questioni relative alla colpevolezza ed ai rapporti tra essa e la pena. In particolare, l’ambigua formulazione del nuovo art. 452-ter c.p. impone di verificare se gli eventi morte e lesioni personali debbano imputarsi a titolo di colpa. Inoltre, l’art. 452-quinquies c.p. stimola interessanti riflessioni sulla proporzione tra colpevolezza e pena.

Il ruolo del principio di precauzione nel “nuovo” diritto penale dell’ambiente

La l. 22 maggio 2015 n. 68 ha introdotto nuove fattispecie delittuose e un nuovo Titolo VI bis nel Codice Penale, al fine di tutelare in varie gradazioni e forme il bene giuridico ambiente, la vita e l’integrità fisica dei consociati, nonché la possibilità che i reati ambientali siano sottoposti ad un meccanismo di degradazione dell’illecito penale ovvero ci si possa avvalere di altri strumenti politico–criminali, come l’aggravante ambientale, già utilizzati con successo in altri ambiti. Nonostante, tuttavia, numerose modifiche abbiano interessato anche il D. Lgs. n. 152 del 2006, deve registrarsi che il legislatore del 2015 non abbia chiarito il ruolo del principio di precauzione nel diritto penale dell’ambiente. Lungi dall’essere confinato in uno spazio ristretto, come gli ultimi approdi della giurisprudenza di legittimità – che ha ammonito in ordine ad un suo “corretto” utilizzo – hanno suggerito, esso potrebbe conoscere un’espansione e contribuire anche all’incremento dell’area di rilevanza penale in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 452 bis, 452 ter, 452 quinquies c.p.

Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco

La legge n. 24 del 2017 (c.d. legge Gelli-Bianco), accolta con grande entusiasmo dalla classe medica, ridisegna, a meno di cinque anni dalla legge Balduzzi, lo statuto della colpa penale in ambito sanitario. La nuova fisionomia della responsabilità colposa del medico si fonda ora su una dettagliata disciplina delle linee guida all’interno delle quali individuare le raccomandazioni tendenzialmente vincolanti per gli esercenti le professioni sanitarie e sull’introduzione, nel codice penale, di un nuovo articolo, concernente la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario (art. 590-sexies c.p.), improntato all’eliminazione della gradazione della colpa e alla limitazione alla sola condotta imperita, rispettosa di adeguate linee guida, della non punibilità.

Divagazioni sulle “dimensioni parallele” della responsabilità penale, tra ansie di giustizia, spinte moralistiche e colpevolezza normativa

Il contributo prende spunto dalla discussione sorta attorno alla requisitoria in Cassazione del processo Eternit, per riflettere sulla inclinazione del diritto penale – pur regno della legalità e delle garanzie – a impiegare pa-rametri morali di giudizio e su come tale inclinazione sia stata nel tempo assecondata, se non incoraggiata, dal-la concezione normativa della colpevolezza. Vengono indicati alcuni temi dibattuti, nell’ambito dei quali l’affermazione della responsabilità corre lungo i binari di una sorta di “dimensione parallela” rispetto a quella strettamente riferibile al tipo di legame psichico tra autore e fatto commesso, in cui la ricerca comunque di un rimprovero del reo assottiglia la distinzione tra dolo e colpa. La conclusione non chiude ai nuovi orizzonti di un diritto penale affrancato dalla mitologia dei principi, ma richiama alla moralità stessa insita nel rispetto delle garanzie e dell’eguaglianza dei consociati, nota identitaria della materia.

Eterointegrazione cautelare e successione di leggi nelle cadenze strutturali dell’illecito colposo

Per il vuoto strutturale che lo caratterizza, il tipo colposo è afflitto da un carattere di «incompletezza» e di apertura a un costante rimando esterno di tipicità, che si traduce nel necessario ricorso a regole di condotta (positive o prasseologiche), aventi sostanza cautelare, in funzione co-fondativa del fatto tipico. Queste peculiarità danno luogo a problemi notevoli che concernono dapprima il raccordo tra la teoria della colpa e il principio di riserva di legge e, di seguito, il corretto inquadramento delle cautele nella geografia del fatto colposo, l’attrazione delle stesse nello spettro applicativo dell’articolo 2 c.p. e la loro attitudine integratrice anche quando – cristallizzate in fonti subordinate – non si limitino a un apporto specialistico. I profili appena citati sono presenti anche nel microsistema degli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali delineato dal c.d. recente «decreto palchi», e le soluzioni adottate dal legislatore richiedono di essere analizzate criticamente alla luce delle più moderne acquisizioni dottrinali.

Fenomenologie della colpa in ambito lavorativo

L’opportunità di una considerazione differenziata della colpa è da tempo messa in luce dalla dottrina più attenta all’elaborazione prasseologica e teorica di modelli d’imputazione almeno in parte diversificati nei diversi contesti di rischio e di responsabilità: tra questi, assume valenza di laboratorio di sperimentazione e di studio il settore lavorativo, al cui interno si rinvengono numerose morfologie di colpa. Al cospetto con questo “molteplice”, il discorso sul criterio involontario d’imputazione si frammenta in misura tale da sconfessare, per lo meno sul piano descrittivo e cognitivo, la “completezza” di costruzioni unitarie: dalla colpa, dunque, alle... colpe. Questo studio tenta di far emergere alcune delle differenziate morfologie che la colpa presenta nell’ambito della sicurezza del lavoro, con la finalità critica di valutarne l’impatto in termini “deformanti” sui corretti criteri di imputazione soggettiva dell’evento offensivo.

Attestare stanca

A circa due anni dall'entrata in vigore della novella che ha introdotto il reato di “Falso in attestazioni e relazioni” con l'art. 236-bis della Legge Fallimentare, giunge la prima pronuncia (edita) sul tema. Si tratta di un'ordinanza interdittiva, emessa in una cornice fattuale da “caso limite” per la macroscopica tipicità delle condotte contestate: i fatti ad oggetto rendono la pronuncia di particolare interesse, specie se letta all'interno della cornice creata dalla giurisprudenza fallimentare sul tema delle attestazioni e delle relazioni del professionista, nonché dalla pubblicazione da parte del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”. Un nuovo “caso Busiello”, di cui ci si è proposto di analizzare dati fattuali, percorsi motivazionali dell'estensore, nonchè possibili termini di applicazione futura dei dicta, specie in materia di prova del dolo. Alla ricerca quindi di un corretto inquadramento sistematico di una norma purtroppo mal scritta, dal contenuto potenzialmente deflagrante per tutto il sistema delle soluzioni concordate della crisi d'impresa.

La rappresentazione dell’evento al confine tra dolo e colpa: un’indagine su rischio, ragionevole speranza e indicatori “sintomatici”

A fronte dell’aumento esponenziale delle aree di rischio, in cui da un’attività lecita, possono derivare eventi lesivi penalmente rilevanti, le tradizionali categorie della volontà, quali componenti fondanti un’imputazione a titolo di dolo, si dimostrano spesso incapaci di abbracciare i tratti salienti dell’elemento psicologico presente in siffatte ipotesi. Né d’altronde appare sempre soddisfacente un’imputazione che scivoli tout court nell’alveo della colpa, sia pure aggravata dalla previsione dell’evento. L’impatto delle varie soluzioni proposte con la prassi giurisprudenziale si è spesso rivelato macchinoso. Una eloquente esemplificazione della problematica riguarda il caso Thyssen, nell’ambito del quale lo stesso fatto è stato valutato dall’angolo prospettico dei due distinti elementi psicologici, in base a parametri di tipo soggettivo-ipotetico. Ciò dimostra la natura cruciale della questione e, forse, la sua irrisolvibilità: sostanzialmente equipollente sul piano della colpevolezza, il disvalore duale di dolo eventuale e colpa cosciente sfugge spesso già sul piano della tipicità. In contesto così ambiguo, s’impone una scelta: o – in linea con la giurisprudenza prevalente – si rimarca la necessità di distinguere le due forme di elemento soggettivo denotando l’indagine sul coefficiente psicologico di appigli esterni o si rinuncia definitamente a cercarla approdando a un tertium genus di responsabilità colpevole.

In tema di omicidio stradale

Il contributo si sofferma sui tratti essenziali del disegno di legge introduttivo della fattispecie autonoma di omicidio stradale, nella versione approvata dalla Camera. Ci si interroga, in prima battuta, sulla reale necessità di questo intervento normativo. Si esaminano, quindi, le peculiarità della colpa c.d. stradale e si evidenziano le incongruità insite nel sottoporre le ipotesi che vi danno luogo a un trattamento sanzionatorio ben più rigoroso rispetto a quello riservato alle altre specie di colpa.