Regolamento UE 2018/1895 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 ottobre 2018, entrato in vigore il 19 dicembre 2020
Il tratto qualificante della riforma dei reati tributari in materia di imposte dirette ed IVA attuata con il d.l. n. 124 del 2019, convertito con modificazioni nella l. n. 157 del 2019, risiede, da un lato, nell’inasprimento delle pene detentive, dall’altro lato, nell’introduzione di inedite sanzioni patrimoniali. La nuova confisca “allargata” disciplinata dal combinato disposto degli artt. 12 ter d. lgs. n. 74 del 2000 e 240 bis c.p. prevista per la massima parte dei reati fiscali contestati al contribuente persona fisica si affianca alla confisca ex art. 19 d. lgs. n. 231 del 2001 applicabile alla “persona giuridica” per i nuovi reati presupposto individuati dall’art. 25 quinquiesdecies d. lgs. n. 231 del 2001 commessi nell’interesse o a vantaggio dello stesso ente (da ultimo modificato con l’attuazione della Direttiva PIF). Si impone una lettura sistematica della materia, ispirata alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale, per limitare il rischio di pene sproporzionate, anche a fronte di una prassi che utilizza ampiamente la confisca ex art. 12 bis d. lgs. n. 74 del 2000 e, nei confronti dell’evasore seriale, la confisca di prevenzione, anticipando tali sanzioni con altrettanti sequestri
L’articolo si occupa della natura giuridica della confisca del profitto, tanto “diretta” quanto “per equivalente”. Muovendo da un’analisi del diritto vivente, e attraverso spunti tratti anche dall’ordinamento civile e amministrativo, si cerca di dimostrare come la natura della confisca dipenda dal quantum confiscabile e dal suo conseguente effetto di impoverimento o mero ripristino della condizione patrimoniale del destinatario della misura. Si conclude che la confisca assume nell’attuale diritto vivente un carattere punitivo, senza però essere al contempo sorretta da tutte le garanzie costituzionali e sovranazionali che circondano le sanzioni penali. Il contributo indaga le possibili soluzioni per superare questa aporia, concludendo che – stante l’impossibilità di adeguare la confisca al principio di proporzionalità e individualizzazione della pena – potrebbe assegnarsi all’istituto una natura meramente ripristinatoria, in un’ottica “autore-centrica”, rimodulando coerentemente lo statuto garantistico di riferimento e ottenendo diverse ricadute pratiche in bonam partem
La confisca di prevenzione introdotta nell’ordinamento italiano dall’art. 2 ter della legge 31 maggio 1965, n. 575 e oggi disciplinata dagli artt. 16 e ss. del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 viene spesso assimilata allo strumento del civil forfeiutere statunitense. Esiste senz’altro un tratto comune tra le due misure, rappresentato dal fatto che entrambe colpiscono il patrimonio di un soggetto sul presupposto che è stato commesso un reato, senza che sia richiesta una sentenza di condanna. Al di là di questa similitudine, però, la confisca di prevenzione e il civil forfeiture sembrano essere misure profondamente diverse. Innanzitutto, l’ambito di applicazione delle due misure non è identico, perché diverse sono le categorie di beni che costituiscono oggetto dell’ablazione. Altrettanto diverso risulta essere anche il fondamento e la natura giuridica delle due misure. La tesi sviluppata nel presente contributo è che l’accostamento tra confisca di prevenzione italiana e civil forfeiture statunitense non sia dunque del tutto appropriato, e che la comparazione tra i due istituti non possa pertanto condurre a risultati proficui.
Prassi giudiziaria tanto diffusa, quanto deprecabile in danno delle persone fisiche, l’applicazione della confisca, pur in presenza dell’intervenuta prescrizione del reato, sta diventando un esito ormai quasi scontato anche nell’ambito dei processi penali in cui risulti a vario titolo coinvolta la persona giuridica. Sia quale imputato dell’illecito amministrativo dipendente da reato, sia come soggetto terzo interessato, l’ente collettivo si trova, infatti, il più delle volte, a subire di riflesso l’effetto espropriativo imposto all’autore “in carne e ossa”, nonostante manchi un accertamento irrevocabile di condanna per il fatto reato-presupposto. Con evidenti e gravi ricadute sulla effettività delle garanzie fondamentali a presidio del rito penale
Nell’ambito di un proficuo “dialogo tra le Corti” e del c.d. costituzionalismo multilivello la sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019, in attuazione delle indicazioni della sentenza della Corte Edu De Tommaso, ha dichiarato l’incostituzionalità della categoria dei destinatari di cui all’art. 1, c. 1, lett. a) d.lgs. 159/2011 (“coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi”) nonostante lo sforzo di interpretazione tassativizzante, offerto dalla giurisprudenza della Suprema Corte; la Corte, inoltre, - perlomeno in relazione alle misure patrimoniali – contesta la mancanza di ragionevolezza di tale fattispecie, nel senso che ritiene il generico riferimento a traffici delittuosi non idoneo a fondare quella presunzione di illecito arricchimento su cui si fondano le misure patrimoniali. La Corte Costituzionale - attribuendosi un deciso ruolo conformativo, alla ricerca di un difficile equilibrio tra esigenze di tutela delle garanzie, da una parte, e delle istanze efficientiste sottese alle misure di prevenzione, dall’altra – salva l’ipotesi di pericolosità generica di cui all’art. 4, c. 1, lett. b, con una problematica operazione di ortopedia giuridica. Il contributo critica in maniera decisa la sentenza della Corte Costituzionale laddove attribuisce una mera natura ripristinatoria alla confisca di prevenzione e alla confisca allargata ex art. 240 bis c.p. - species dell’unico genus della “confisca dei profitti sospetti” – , con l’evidente fine di negarne “la natura sostanzialmente sanzionatorio-punitiva” e sottrarle allo “statuto costituzionale e convenzionale delle pene” o meglio della “materia penale” nell’accezione ampia riconosciuta dalla Corte Edu, complice del resto in tale atteggiamento di equilibrismo politico volto a preservare l’efficienza di tali misure