Recensione a J. Sarkin (a cura di), The Global Impact and Legacy of Truth Commissions, Intersentia, Cambridge-Antwerp-Chicago, 2019
Che rapporto c’è fra diritto penale e memoria? L’articolo analizza questo complesso rapporto da diverse prospettive, quali le differenze fra giudice e storico, il tema della giuridificazione della storia e della storia giuridificata, il ruolo del giudice quale vettore o costruttore di memoria, il rapporto con la libera manifestazione del pensiero. Dopo aver concentrato l’attenzione sul diritto penale internazionale e sui casi in cui alla storiografia giudiziaria si affida il ruolo di veicolo di memoria e di ricostruzione di eventi e colpe, l’articolo si sofferma ad analizzare la dinamica inversa. Ci si riferisce a quei casi in cui il giudice riceve la memoria dall’esterno, come prodotto di un discorso pubblico al quale partecipano poteri centrali e locali, forze politiche, movimenti e, soprattutto, media. Si tratta di costruzioni che sul piano politico sovente servono a demonizzare l’avversario minandone i consensi.
Il tempo e la memoria costituiscono elementi essenziali delle nostre esistenze, destinati a cadenzare tutte le nostre scelte. Sulla memoria di alcuni eventi si creano gli elementi fondativi dell’identità politica e culturale di un ordinamento e ne modellano il patto costituzionale. L’ingresso del diritto penale nella materia del ricordo sposta però il significato del suo rapporto col tempo, introducendo comunque una relazione peculiare col presente che attiene strutturalmente all’utilizzazione dello strumento. Il presente contributo si interroga dunque su quale spazio possano trovare nel nostro ordinamento le norme che prevedano sanzioni penali a chi suggerisce una ricostruzione diversa degli avvenimenti del passato.
È possibile fare memoria con la giustizia? Il contributo cerca di riflettere su questo interrogativo: prende spunto, in particolare, dalla cd. "guerra delle statue" e dalle diffuse istanze di giustizia che sono sottese al modo con cui il ricordo viene "monumentalizzato" nello spazio pubblico; sviluppa, poi, una critica dell'approccio che usualmente i legislatori e i giudici tengono nei confronti della memoria; argomenta, infine, l'esistenza di concrete possibilità di "fare memoria con la giustizia", a condizione che esse si manifestino in adeguati luoghi, o momenti, istituzionali di confronto e di dibattito.
Il presente contributo assume una posizione netta circa il rapporto fra memoria e giustizia: non si può fare memoria con la giustizia e non si può perché memoria e giustizia sono concetti concorrenti; sono, per molti aspetti, l’una la negazione dell’altra. Tale affermazione viene giustificata attraverso la proposizione di sette paradossi. Tramite essi, l’autore giustifica l’alternatività del sistema basato sulla memoria rispetto a quello basato sulla giustizia, pur dichiarando un certo scetticismo nei confronti dell’uno e dell’altro.
Nel 2016, il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo hanno concluso l'accordo di pace definitivo, che segna la fine ufficiale di oltre 50 anni di conflitto interno. Al centro di questo accordo c'è il cosiddetto Sistema Integrale di Verità, Giustizia, Riparazione e Non Ripetizione, che include diversi meccanismi. Questo articolo si concentra sulla Giurisdizione Speciale per la Pace, descrivendone la struttura, il modo in cui opera e presentando le principali controversie che si stanno creando attorno ad essa.
Il binomio giustizia (penale) / memoria compare immancabilmente nei contesti di transizione, dei quali giustizia e memoria costituiscono ingredienti fondamentali. Questo contributo propone alcune riflessioni sul significato di tali concetti ed in particolare, sul concetto di memoria e di “memoria storica”, termine controverso (che qui si propone di sostituire con quello di memora collettiva) che spesso compare nei contesti transizionali, nonché sull’apparente ossimoro, per cui la giustizia penale si intende come funzionale alla costruzione di una memoria collettiva, ma al tempo stesso incapace di adempiere tale funzione. Tali riflessioni prendono spunto dall’esperienza transizionale colombiana, particolarmente interessante e complessa, nella quale la giustizia penale ha sempre mantenuto una centralità innegabile nei vari disegni transizionali che si sono succeduti nel tempo. L’analisi di alcuni aspetti chiave dei due principali disegni del processo di pace colombiano, vale a dire, il Procedimento di Giustizia e Pace ed il Sistema integrale di Verità, Giustizia, Riparazione e Non Ripetizione, permette di osservare come la costruzione della memoria sia, nei processi di transizione, un obiettivo mediato, cui si perviene attraverso un previo lavoro di accertamento dei fatti, chiarimento delle dinamiche e riconoscimento di responsabilità. A questo lavoro concorrono più attori, tra i quali spiccano, da un lato, le Commissioni per la verità e, dall’altro, la giustizia penale, che si trova però stretta, in questi contesti, da una serie di limiti, sia intrinseci sia contingenti.
La transizione del Sudafrica dall'apartheid alla democrazia nei primi anni '90, molto celebrata e relativamente pacifica, è di nuovo oggetto di scrutinio, dibattito e controversie. Dati i 400 anni di colonialismo, apartheid e violenza strutturale, la giustizia di transizione in Sudafrica deve essere vista nel contesto di profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche ancora in corso. Mentre la Commissione per la verità e la riconciliazione (TRC) ha contribuito a facilitare questi processi di trasformazione, il fallimento dello Stato democratico, post-apartheid, nel perseguire le violazioni dei diritti umani dell'apartheid, nonostante le raccomandazioni esplicite della TRC, ha messo in dubbio l'eredità normativa della TRC. Questo articolo esplora le implicazioni di tale aspetto della transizione in Sud Africa, considerando le priorità e i discorsi attuali.
L’articolo tratta della persecuzione penale dei crimini sistematici commessi nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT). Tale persecuzione è iniziata già nel 1990, negli ultimi giorni della RDT. Dopo l'unifica-zione tedesca, il 3 ottobre 1990, i tribunali della Repubblica Federale di Germania hanno continuato a celebrare processi fino al 2005. Dopo aver chiarito il background storico e politico, si spiegherà il quadro giuridico di questi processi e se ne analizzerà la giurisprudenza. Sarà affrontata la questione della retroattiv-ità e verranno identificati alcuni principi di base del perseguimento della criminalità di stato della RDT. Inoltre, si discureranno i punti di forza e di debolezza dei processi penali nello stabilire la verità sul passato della RDT.
Le constat des Etats et de la société civile internationale est aujourd’hui unanime: La justice pénale internationale est trop lente et donc trop chère. Les juridictions internationales jugent tardivement, lentement et difficilement, du fait d’une multitude de facteurs, endogènes et exogènes. Pour accélérer le processus judiciaire, il faut probablement raccourcir les procès, maîtriser davantage la procédure et repenser les décisions, sans jamais sacrifier les droits de la défense ni les garanties fondamentales du procès équitable. Mais il faut aussi et surtout normaliser notre conception du temps, notre mesure du temps et notre appréciation du temps : de nouvelles institutions comme un Conseil supérieur de la magistrature internationale et une Inspection internationale des services judiciaires pourraient être mises en place par les Etats. Renforcer l’efficacité sans remettre en cause la qualité de la justice, c’est sans doute le défi principal de la mondialisation du judiciaire.