Il contributo esamina i tratti essenziali del complessivo intervento di riforma della giustizia penale del Ministro Orlando attualmente all’esame del Senato, che dovrebbe incidere su vari istituti del diritto penale sostanziale – come l’estinzione del reato per condotte preparatorie e, soprattutto, la prescrizione del reato – nonché di una congerie di norme di diritto penale processale, accomunate dalla finalità di rendere più efficienti gli sviluppi procedimentali, anche attraverso una più stringente scansione temporale dei diversi snodi.
Il 25 giugno 2015 si è tenuta, a seguito di convocazione del Primo Presidente del 19 maggio precedente, l’Assemblea generale della Corte di cassazione, a distanza di oltre sedici anni da quella convocata il 23 aprile 1999 dal Primo Presidente dell’epoca, per deliberare in ordine ai provvedimenti da assumere di fronte allo stato di grave crisi del giudizio di legittimità. La Corte, com’è noto, è da decenni assediata da una quantità di ricorsi inimmaginabile in qualsiasi altro Paese moderno ed ora è in uno stato che, senza esagerazione, potrebbe definirsi preagonico. Le misure concepite dall’Assemblea per cercare di arginare, nel settore degli affari penali, il torrenziale afflusso di ricorsi, presentano luci e ombre, specie per il fatto che, per la parte affidata a disponibilità interne, potrebbero essere condizionate da prossime decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo potenzialmente idonee ad incidere in modo significativo sullo stesso carico dei ricorsi. Di seguito si fa il punto sulle criticità di un sistema che aspetta di essere al più presto oggetto di revisione legislativa, auspicata da tempo immemorabile e ancora attesa.
Lo scritto propone un’analisi del recente d.d.l. governativo (Atto C N. 2798, che ha iniziato il suo cammino parlamentare davanti alla Commissione giustizia della Camera il 13 gennaio 2015) per quanto attiene alle proposte di modifica in materia di impugnazioni, e alle correlate direttive di delega, con esclusivo riguardo alle disposizioni del Libro IX del codice di rito penale.
Il rimedio restitutorio della rescissione del giudicato, inserito nel codice di rito penale dalla l. 28 aprile 2014, n. 67, viene analizzato in chiave critica: la scelta del legislatore di affidare la competenza funzionale in materia alla Corte di Cassazione appare improvvida e la tecnica normativa, lacunosa e sciatta, dà luogo ad innumerevoli risvolti problematici. Anche talune indicazioni provenienti dalla sentenza delle Sezioni Unite che si è occupata dell’istituto non possono considerarsi come dei punti fermi. Sarà il futuro a riservare nuovi sviluppi.
Nella giurisprudenza della Corte EDU si è progressivamente affermato il diritto alla riassunzione della prova dichiarativa quando oggetto della cognizione e decisione del giudice dell’impugnazione sia l’integrale (ri) valutazione della responsabilità dell’imputato. Sviluppando il proprio itinerario interpretativo, in una serie di recenti pronunce la Corte di Strasburgo ha censurato come violazione dell’art. 6 CEDU l’omessa rinnovazione della prova nell’ipotesi di ribaltamento – in sede d’impugnazione – della sentenza di assoluzione in condanna. Nel presente lavoro si delineano presupposti e caratteri del diritto “convenzionale” alla rinnovazione della prova e se ne indaga l’impatto sull’ordinamento nazionale alla luce dei consolidati obblighi d’interpretazione conforme. Muovendo dall’analisi della più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, l’indagine si snoda attraverso tre linee direttrici: (ri)definizione dell’ambito di operatività, nell’ordinamento domestico, delle rationes decidendi proposte dalla Corte EDU; praticabilità di un’interpretazione dell’art. 603 c.p.p. conforme alla Convenzione; ricostruzione delle cadenze del vaglio in appello sulla rinnovazione della prova decisiva e controllo della relativa decisione in sede di legittimità. A livello sistematico, infine, il riconoscimento in sede europea del diritto alla rinnovazione della prova fa riemergere la scarsa coerenza dell’attuale struttura dell’appello nel sistema processuale penale e costituisce una preziosa occasione per una riflessione de iure condendo.
Lo scritto propone alcune brevi riflessioni sulla nuova disciplina della mancata partecipazione al processo dell’imputato, destinata a entrare prossimamente in vigore. La profonda riforma, che mira a cancellare la figura del contumace, è ricca di implicazioni complesse, non tutte di facile coordinamento.