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ISSN 2611-8858

Temi

Irretroattività

Irretroattività e libertà personale: l’art. 25, secondo comma, Cost., rompe gli argini dell’esecuzione penale

Con una pronuncia tanto attesa quanto innovativa, la Corte costituzionale apre una breccia nel muro che per lungo tempo ha separato il diritto penale sostanziale e le norme dell’esecuzione penale con riguardo all’operatività del principio di irretroattività sancito dall’art. 25/2 Cost. Seguendo un’argomentazione che oscilla tra la salvaguardia delle esigenze di “prevedibilità” della pena e l'affermazione delle ragioni dello Stato di diritto, infatti, a tale garanzia vengono subordinate le modifiche sfavorevoli degli istituti che determinano una trasformazione della natura (intra o extramuraria) della pena e che, quindi, incidono in maniera diretta e concreta sulla libertà personale del condannato. Di conseguenza, viene dichiarata costituzionalmente illegittima l’efficacia retroattiva dell’estensione dei limiti di accesso a varie misure alternative stabiliti dall’art. 4-bis ord. pen. (compreso l’effetto indiretto rappresentato dal divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, c.p.p.) con riguardo ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 3/2019. D’altra parte, rimane tuttora aperta, ma presto la Corte costituzionale potrebbe essere chiamata a riaffrontarla, la questione della legittimità tout court della dilatazione del catalogo dei reati “ostativi” al cospetto del principio di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.

Eterointegrazione cautelare e successione di leggi nelle cadenze strutturali dell’illecito colposo

Per il vuoto strutturale che lo caratterizza, il tipo colposo è afflitto da un carattere di «incompletezza» e di apertura a un costante rimando esterno di tipicità, che si traduce nel necessario ricorso a regole di condotta (positive o prasseologiche), aventi sostanza cautelare, in funzione co-fondativa del fatto tipico. Queste peculiarità danno luogo a problemi notevoli che concernono dapprima il raccordo tra la teoria della colpa e il principio di riserva di legge e, di seguito, il corretto inquadramento delle cautele nella geografia del fatto colposo, l’attrazione delle stesse nello spettro applicativo dell’articolo 2 c.p. e la loro attitudine integratrice anche quando – cristallizzate in fonti subordinate – non si limitino a un apporto specialistico. I profili appena citati sono presenti anche nel microsistema degli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali delineato dal c.d. recente «decreto palchi», e le soluzioni adottate dal legislatore richiedono di essere analizzate criticamente alla luce delle più moderne acquisizioni dottrinali.

Irretroattività sfavorevole e reati d’evento “lungo-latente”

Il contributo prende le mosse da una recente pronuncia della Cassazione che, per risolvere una questione di successione di norme penali nel tempo, ha fissato il tempus commissi delicti di un omicidio colposo in corrispondenza della verificazione dell’evento letale, ed ha perciò applicato una pena più severa di quella vigente al momento – assai più risalente – in cui l’imputato aveva posto in essere la condotta causalmente rilevante. L’Autore critica la soluzione abbracciata dalla Suprema Corte alla luce del principio costituzionale di irretroattività in malam partem, nonché dell’omologo principio sancito dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A quest’ultimo proposito, viene prospettata la possibilità di presentare un ricorso alla Corte di Strasburgo, finalizzato ad ottenere l’accertamento della violazione e la successiva rideterminazione della pena in executivis.

Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione

Ci si interroga sull’applicabilità della nuova incriminazione ai reati-presupposto commessi prima della sua entrata in vigore e ci si accorge che la soluzione affermativa, “politicamente scontata”, non è così facile da percorrere, tenendo conto delle regole generali. La questione dà l’occasione di ripercorrere taluni concetti della struttura del reato, quali la differenza tra “presupposto” e “condotta”, anche in una prospettiva sistematica. Ci si interroga infine sulla applicabilità della nuova incriminazione alle attività economiche già intraprese al momento dell’entrata in vigore della norma.

L’illegittimità costituzionale della legge c.d. “Fini-Giovanardi”: gli orizzonti attuali della democrazia penale

Gli Autori, in un commento ‘a prima lettura’ della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di talune importanti disposizioni della legge cd. “Fini Giovanardi”, ne indagano gli effetti immediati – consistenti nella ‘caducazione’ della fonte impugnata, inclusi gli effetti abrogativi di quest’ultima, e nella conseguente reviviscenza della disciplina previgente – e ne ripercorrono le implicazioni dal punto di vista intertemporale. L’analisi mette in luce, altresì, l’importanza della citata pronuncia nella sistematica della giurisprudenza costituzionale, evidenziandone in particolare la rilevanza sul versante della giustiziabilità del principio della riserva di legge in materia penale, anche alla luce degli obblighi di penalizzazione ‘eurounitari’.