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ISSN 2611-8858

Temi

Pornografia

“Revenge porn” e tutela penale

Le occasioni di intrusione nella privacy sessuale delle persone si sono, negli ultimi anni, decisamente moltiplicate. Essa risulta invasa e manipolata secondo sempre nuove ed inquietanti declinazioni, tra le quali, la più grave, non foss’altro per la sua maggiore diffusione, è la divulgazione di immagini intime, che, nel linguaggio comune, è spesso indicata con la controversa espressione “revenge porn”. Il grave danno subito dalle vittime di “revenge porn” e le dimensioni che il fenomeno sta assumendo hanno già indotto i legislatori dei principali ordinamenti angloamericani ad introdurre una specifica fattispecie incriminatrice, ed impongono di interrogarsi sulla possibilità di disciplinare in via diretta anche nel nostro ordinamento gli effetti penali della divulgazione non consensuale di immagini pornografiche. Il presente lavoro, quindi, prendendo le mosse da una messa a fuoco del fenomeno sotto diversi punti di vista (“in action”, terminologico, statistico), nonché da un’analisi del quadro di tutela attualmente predisposto dal sistema penale italiano, si propone di maturare alcune prime riflessioni sull’eventuale incriminazione specifica in ossequio ai canoni dell’offensività e della sussidiarietà

Il “sexting minorile” non è più reato?

Il presente contributo trae spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione che esclude la configurabilità del delitto di cui all’art. 600-ter, comma 4, c.p., nel caso di cessione, da parte di terzi, di immagini pedo-pornografiche che sono state prodotte, autonomamente e volontariamente, dal minore in esse ritratto (i cd. “selfie”). La decisione permette di evidenziare come, sia gli obiettivi che hanno determinato l’introduzione dei delitti di pedopornografia, sia la struttura tipica delle norme, male si attaglino alla disciplina delle condotte di “sexting” che coinvolge minorenni. Attraverso un confronto con due ben articolate sentenze di merito, che si sono espresse recentemente sul tema, nel contributo si analizzano i “punti critici” dell’art. 600-ter c.p. e si riflette sull’eventuale legittimità del consenso prestato dal minore alla realizzazione delle immagini. È evidente come l’inadeguatezza delle attuali disposizioni costringa la giurisprudenza a forzature ermeneutiche, oppure ad accettare di creare un pericoloso vuoto di tutela. Si ritiene che per un corretto intervento su questa nuova cultura della “comunicazione dell’immagine sessuale” fra minorenni occorrerà, da un lato, cercare di identificare un bilanciamento fra tutela dei minori e rispetto dei loro diritti e, dall’altro, individuare sistemi efficaci di prevenzione ed educazione.