con la collaborazione scientifica di
ISSN 2611-8858

Temi

Presunzione di innocenza

A caccia dello standard probatorio: biografia non autorizzata della dogmatica penale

Mettere in relazione concetti riferiti al processo penale e al diritto penale materiale offre una prospettiva interessante e non debitamente esplorata. È possibile che l’idea che il diritto processuale sia un mero strumento di esecuzione del diritto penale sostanziale debba essere rivisitata. Ci sono buone ragioni per ritenere che l’evoluzione della dogmatica penalistica e del sistema di teoria del reato sia stata guidata, in maniera rilevante se non in modo esclusivo, dalla necessità di agevolare il raggiungimento di un certo standard probatorio nel sistema di imputazione. I successivi mutamenti nelle ricostruzioni che la scienza penale ha fornito rispetto a concetti come dolo, autore, limiti dell’omissione, crisi della causalità e sviluppo dell’imputazione oggettiva – e alcuni altri – hanno avuto come conseguenza, che è improbabile sia casuale, una facilitazione dell’accertamento processuale. Se questa diagnosi è corretta, si apre un interessante dibattito sul fondamento etico di questa evoluzione.

Il rapporto tra processo penale e media nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

Il presente articolo analizza le principali pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di rapporti tra processo penale e media. Sono quindi, da una parte, identificati i diritti coinvolti e, dall’altra, ricostruite le modalità con le quali questi entrano in conflitto con altri diritti o interessi collettivi. Particolare attenzione è posta sulle modalità con la quale la Corte effettua il bilanciamento tra i diritti e gli interessi contrapposti nei seguenti ambiti: le dichiarazioni alla stampa e le conferenze stampa delle autorità pubbliche in merito a processi penali ancora pendenti; la trasmissione alla stampa da parte delle autorità pubbliche di immagini di persone indagate; le fughe di notizie relative ad atti di indagine.

La giustizia penale nel gioco di specchi dell’informazione Regole processuali e rifrazioni deformanti

Lo scritto fornisce una illustrazione critica delle norme che regolano la segretezza e i limiti di pubblicazione degli atti processuali penali. La ricognizione è condotta alla luce dei problemi che l’esperienza italiana lascia affiorare attualmente. I delicati problemi connessi con l’intreccio di interessi in gioco (riservatezza individuale, tutela dell’indagine, fairness processuale) fanno da trama all’esposizione. Il paragrafo finale è dedicato a una sintetica prospettazione di immaginabili soluzioni de iure condendo volte a superare le attuali, insoddisfacenti pratiche.

Tutela penale del segreto processuale e informazione: per un controllo democratico sul potere giudiziario

L’ineffettività che contraddistingue l’attuale disciplina posta a tutela del segreto processuale non sembra derivare dalla inadeguatezza degli strumenti utilizzati, quanto piuttosto dalla trasformazione che si è determinata degli interessi in gioco: il diritto di cronaca giudiziaria finalizzato a un controllo democratico sul potere giudiziario risulta sempre di più destinato a prevalere sugli interessi pubblici e privati coinvolti nelle dinamiche delle indagini processuali. Posto che un bilanciamento tra diritto di cronaca giudiziaria e reputazione può essere raggiunto solo in concreto, vero nodo problematico è il contrasto alla rivelazione dei segreti d’ufficio da parte degli autentici custodi, contrasto che può essere rafforzato non solo – e non tanto – incrementando la repressione penale (autori delle violazioni sono coloro che poi dovrebbero perseguirle), ma più realisticamente rompendo i rapporti opachi che si generano tra magistratura e stampa. A tal fine, passaggio indispensabile risulta consentire anche al giornalista l’accesso pieno e trasparente agli atti non più coperti dal segreto, con benefici per la stessa attività giornalistica sotto il profilo del rispetto del limite della verità processuale, vera e propria pietra angolare del diritto di cronaca giudiziaria finalizzata al controllo del potere giudiziario.

Giustizia penale e informazione giudiziaria: spunti comparatistici per il dibattito italiano

Il tema del complesso rapporto tra giustizia penale e informazione giudiziaria non è certamente proprio del solo ordinamento italiano. Nel presente contributo si cerca pertanto di inquadrare brevemente tale tema in prospettiva comparata, ricostruendolo attraverso i formanti legislativo, giurisprudenziale e dottrinale. La riflessione è limitata ad alcuni ordinamenti rappresentativi di civil law – Francia, Spagna e Germania – e soprattutto ai soli aspetti di diritto penale sostanziale, soffermandosi in modo particolare sulla responsabilità penale dei giornalisti in casi di violazione del segreto istruttorio e sui rimedi compensativi penalistici da “processo mediatico”.

La “vittima” del “processo mediatico”: misure di carattere rimediale

Alla base del fenomeno ormai noto come “processo mediatico” si pone il conflitto, difficilmente superabile, tra diritti contrapposti: il diritto di cronaca giudiziaria, da un lato, e dall’altro i diversi diritti che fanno capo a chi lo subisce (vita privata, riservatezza, presunzione di innocenza), oltre a più generali istanze di imparzialità del giudizio. In questo lavoro si prospettano le misure rimediali che dovrebbero essere garantite a chi subisce il “processo mediatico”, sia nelle ipotesi in cui questi sia riconosciuto colpevole, sia nell’ipotesi in cui sia riconosciuto innocente: nel primo caso, si ipotizza anzitutto una doverosa attenuazione della pena, che tenga conto della doppia “sofferenza legale” patita nel “giudizio parallelo” celebrato su televisioni e giornali; nel secondo caso, si propone l’introduzione di obblighi di integrazione/rettifica informativa che il giudice dovrebbe imporre ai media, a cominciare dall’obbligo di pubblicazione della sentenza di assoluzione, oltre a strumenti di tipo risarcitorio/indennitario a carico dello Stato.

Note sintetiche sul rapporto tra giustizia penale e informazione giudiziaria

Il presente scritto si basa sul lavoro svolto dal Gruppo di ricerca costituito dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze sul tema “Giustizia penale e informazione giudiziaria”, cercando di riassumere brevemente i principali nodi problematici emersi a proposito dei vari interessi coinvolti e del loro possibile bilanciamento. Nel presupposto che occorra sciogliere la contraddizione esistente tra una normativa vigente ma totalmente ineffettiva e una situazione di sofferenza di molti interessi, specie privati, si tenta di individuare alcune possibili linee di riforma o di ripensamento.

Rien ne va plus? Le garanzie CEDU “incontrano” (e si scontrano con) l’azione civile e la prescrizione dell’ordinamento francese: alla ricerca di check and balances interni all’art. 6

A seguito del decesso del padre, imputato in Francia per il reato di appropriazione indebita, gli eredi ricorrono dinanzi alla Corte EDU lamentando la violazione dell’art. 6 §§ 1 e 2 in relazione a due profili. In primo luogo, gli stessi ritengono che lederebbe il giusto processo, sub specie di rispetto della parità delle armi, il meccanismo previsto in patria in base al quale il giudice penale è competente a pronunciarsi sul risarcimento del danno che grava sugli aventi causa del de cuius, nell’ipotesi in cui al momento della sua dipartita l’autorità giurisdizionale penale si sia pronunciata esclusivamente sull’azione penale, ritenendola prescritta. In secondo luogo, vi sarebbe stata l’inosservanza del principio di innocenza, come sancito nell’art. 6 § 2 CEDU, posto che solo post mortem l’imputato sarebbe stato dichiarato colpevole del reato contestatogli. I ricorrenti, quindi, ritenendo che la suddetta presunzione si estenda alla procedura di riparazione del danno in ragione del “legame” e del “ragionamento” istituito dal giudice penale tra procedura civile e penale, reputano che gli stessi possano agire in qualità di vittime dinanzi alla Corte europea al fine di ottenere la dichiarazione di violazione della presunzione di innocenza del proprio dante causa. Secondo il Collegio di Strasburgo, entrambe le doglianze sono fondate e conseguentemente lo Stato francese è condannato al pagamento di un indennizzo monetario. Traendo spunto da questa pronuncia, il commento si propone dunque di analizzare, in prima battuta, l’iter logico seguito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, focalizzando, poi, l’attenzione sulle conseguenze “a cascata” che deriverebbero dai principi di diritto ivi sanciti, assumendo quale punto di osservazione principalmente le disposizioni dell’ordinamento francese che disciplinano l’azione civile e la prescrizione.