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ISSN 2611-8858

Temi

Principio di legalità

Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale

L’apertura della legalità penale al diritto giurisprudenziale operata dall’art. 7 CEDU apre preoccupanti interrogativi circa la tenuta della legalità penale costituzionale di molti Paesi europei di civil law storicamente incentrata sul principio di riserva di legge parlamentare. Questo disallineamento non può, però, comportare una trasfigurazione del nullum crimen sine lege nel nullum crimen sine iure in tali ordinamenti e, quindi, imporre loro una equiparazione tra formante legislativo e giurisprudenziale in materia penale. Molto più semplicemente consente di implementare le garanzie per i consociati quando – ragionando diversamente e non riconoscendo valore-fonte alla giurisprudenza – si rischierebbe di frustrare i principi di irretroattività e di retroattività della lex mitior. Ciò significa che il judicial law continua a non essere assimilabile allo statutory law nei prevalenti casi di fisiologico contrasto interpretativo sincronico e diacronico, ma solo in quelli ‘limite’ dell’overruling in malam partem oggettivamente ed assolutamente imprevedibile e dell’overruling in bonam partem effettuato dalle Sezioni unite

Riserva di legge e principio democratico: una questione di metodo

Il saggio analizza lo stato attuale della riserva di legge, anche alla luce delle prassi dell’ultima legislatura, e riflette sull’esigenza di verificare la perdurante validità delle premesse concettuali di quella regola quale passaggio ineludibile per rivitalizzarla (se necessario, anche attualizzandola).

Profili attuali della soggezione del giudice alla “legge” e della vincolatività del precedente

In una fase di rilevante difficoltà per il paradigma tradizionale del principio di legalità, si è discusso ampiamente del ruolo dell’interpretazione in relazione all’equilibrio di poteri definito dalla Costituzione. Vero è che il giudice è soggetto soltanto alla legge. Tuttavia, è divenuto impossibile prevedere la effettiva qualificazione giuridica di un fatto se non avendo a mente l’orientamento ermeneutico seguito dalla giurisprudenza di legittimità. Occorre, perciò, indagare l’assetto attuale della funzione nomofilattica giacché solo la sinergia tra legislatore e giudice promette di scongiurare gravi violazioni delle garanzie sovranazionali. Al riguardo, la “cultura del precedente” offre indicazioni di metodo che potrebbero rivelarsi utili, persino in un modello di civil law, quale chiave di lettura delle recenti riforme legislative.

L’invalidità degli atti processuali penali: un tradizionale terreno di scontro tra “forma” e “sostanza”

Per effetto della progressiva integrazione tra l’ordinamento nazionale e quello europeo, nonché a seguito della sempre maggiore incidenza del diritto convenzionale, il tradizionale sistema delle fonti normative sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione. Nuovi e molteplici impulsi provengono dalle Corti di Lussemburgo e Strasburgo e condizionano l’attività ermeneutica dei giudici nazionali. È questo lo sfondo problematico in cui si inserisce l’odierna riflessione sulle invalidità processuali e sulla nullità degli atti in particolare: le discussioni originatesi in relazione alla teoria del pregiudizio effettivo risultano infatti perfettamente calzanti rispetto al panorama appena delineato, in cui il principio di legalità – anche processuale – appare evidentemente in crisi

Argomenti per una riserva di legge rafforzata in ambito penale

Il contributo parte dalla considerazione che il principio di riserva di legge in materia penale, come oggi configurato in Italia, non appare idoneo a garantire in modo effettivo il livello di democraticità a cui tende la Costituzione, a causa dell’assenza di un quorum rilevante per l’approvazione parlamentare delle leggi penali. Si propone pertanto, anche alla luce di esperienze comparatistiche e di proposte provenienti dalla dottrina straniera, una riforma volta a introdurre un meccanismo in base al quale ogni legge penale, indipendentemente dal fatto di configurare o aggravare la responsabilità o di escluderla o diminuirla, debba essere approvata con una maggioranza di almeno tre quinti dei parlamentari, tranne che si tratti di disposizioni aventi ad oggetto l’applicazione di sole pene pecuniarie, nel qual caso la maggioranza dovrebbe essere almeno della metà.

Lettura critica di Corte costituzionale n. 115/2018

La sentenza C. Cost. n. 115/2018, che chiude la vicenda Taricco, disapplica l’art. 325 par. 1 e 2 del TFUE, e la “regola Taricco” prescritta da CGUE 17 dicembre 2017, in quanto in contrasto col principio nazionale di determinatezza (art. 25 cpv. Cost.). Ciò costituisce un esercizio implicito di controlimiti nazionali al diritto europeo, per come interpretato dalla CGUE. La base del giudizio della Corte è costituita dall’attrazione originaria della prescrizione del reato nella materia costituzionale del principio di legalità-determinatezza: la prescrizione, per le conseguenze punitive, deve essere disciplinata come normativa sostanziale per vincolo costituzionale (unicum costituzionale in Europa). Applicando il vincolo di determinatezza all’art. 325, par. 1 e 2, TFUE e alla “regola Taricco”, la Consulta segue una lettura massimalista della determinatezza come esigenza che dal testo della regola legale (non al momento della condotta, semplicemente) si possa prevedere la sua successiva concretizzazione giurisprudenziale. Tale lettura, che contrasta con la tradizione ermeneutica della Corte, schiude orizzonti nuovi sul rapporto tra legge e interpretazione, e aspettative che difficilmente potranno essere soddisfatte nella gestioneordinaria dell’art. 25 cpv. Cost. Del pari, questo patriottismo costituzionale apre interrogativi nuovi sul futurodell’europeismo giudiziario.

Le best available techniques nella definizione del fatto tipico e nel giudizio di colpevolezza

Oggetto di questo contributo è la rilevanza attribuita alle c.d. migliori tecniche disponibili (Best available techniques) nella previsione e nell’accertamento degli illeciti penali in materia di ambiente. Per affrontare tale problematica occorre anzitutto chiarire cosa siano le BAT e come operino nel sistema ambientale, per poi valutare in che termini esse interessino il diritto penale. La risposta a quest’ultima domanda non potrà prescindere da una riflessione sulla natura delle BAT, la cui individuazione, apparentemente frutto di una scelta meramente tecnica, coinvolge anche considerazioni politico-economiche.

Ecoreati e responsabilità degli enti

Il presente contributo è dedicato alle profonde innovazioni apportate con la L. n. 68/2015 sui c.d. “ecoreati” alla disciplina della responsabilità degli enti. Quest’ultima, introdotta dal d.lgs. n. 121/2011 che ha inserito nel d.lgs. n. 231/2001, l’art. 25 undecies, vede oggi esteso il catalogo dei reati presupposto a numerose fattispecie a tutela dell’ambiente. L’analisi si soffermerà da un lato, sulle criticità che si riscontrano nella materia, con particolare riguardo al raccordo con la nuova disciplina di estinzione delle contravvenzioni, nonché al mancato richiamo ai Sistemi di Gestione Ambientale. Dall’altro, sui possibili orizzonti della disciplina, ancora bisognosa di interventi legislativi per essere pienamente conforme ai principi di tassatività e determinatezza.

Responsabilità degli enti e reati ambientali al banco di prova del principio di legalità

Al pari di quanto accade per il diritto penale individuale, anche nel sistema di responsabilità degli enti il principio di legalità è sottoposto a tensioni, originate da opzioni ermeneutiche volte a espandere il catalogo dei reati presupposto oltre il perimetro tracciato dal legislatore. Il tema è declinato dall’angolo visuale del diritto penale ambientale che, sinora, ha rappresentato il primo e principale banco di prova per la tenuta del principio in “ambito 231”. Prendendo le mosse dal caso Ilva, il contributo ripercorre il controverso rapporto tra reati ambientali e fattispecie associativa, evidenziando come l’art. 24-ter del decreto – anche alla luce di taluni sviluppi in tema di associazione per delinquere transnazionale – rischi di trasformarsi in una disposizione passe-partout, con ricadute sulla effettiva possibilità di predisporre il compliance program e sulla stessa “colpevolezza” del soggetto collettivo. A conferma della rilevanza del paradigma associativo in questa materia, da ultimo sollecita alcune riflessioni l’introduzione, nel nuovo titolo VI-bis del codice penale, dell’aggravante ambientale per le fattispecie associative (art. 452-octies c.p.), la quale presenta, sul terreno dei soggetti collettivi, profili di irrazionalità sul piano sanzionatorio.

Ragioni della legalità. A proposito di Corte cost. n. 24/2017

La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 24/2017, ha instaurato un dialogo con la Corte UE sui problemi posti da eccezioni d’illegittimità costituzionale conseguenti alla sentenza Taricco. Ha evitato di opporre i principi costituzionali come controlimiti, sollecitando la CGUE a precisazioni interpretative sui punti rilevanti per la tenuta della legalità penalistica. Questa strategia diplomatica è stata recepita dalla CGUE, e ciò consolida i principi che l’ordinanza n. 24 ha enunciato.