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ISSN 2611-8858

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Principio di offensività

Concorso di norme e reati complessi nella legislazione penale italiana: il particolare riferimento all’art 84

I reati complessi non hanno perso la loro rilevanza nel diritto penale italiano e spagnolo. Il loro studio è ancora oggi necessario e opportuno. L'emergere di ipotesi diversificate di complessità ascritte ad aspetti valoriali rende necessaria un'analisi delle relazioni strutturali e concorsuali di questa tipologia di reati, in modo da aggiornare i rudimenti dogmatici con cui si è finora affrontata la loro applicazione e interpretazione. In questo senso, è utile esaminare la dottrina e la giurisprudenza italiana, che hanno compiuto grandi progressi sulla linea di quello che è stato qui definito un doppio giudizio di concorrenza normativa, in cui gli istituti della complessità e della plurioffensività si mostrano finalmente organizzati in ordine logico-sistematico.

Il principio di offensività nella nuova Costituzione cilena

L’articolo prende in esame la possibilità di inserire un riferimento espresso al principio di offensività nella futura Costituzione cilena. A tal fine, il contributo muove da un’analisi del contesto, del significato e del fondamento di questo principio, per poi soffermarsi sulla sua relazione con altri principi che limitano lo ius puniendi e sull'importanza di una sua regolamentazione come principio autonomo. In quest’ottica, il testo considera il principio di offensività come base di una tecnica legislativa adeguata in materia penale. L'articolo giunge alla conclusione secondo cui una regolamentazione espressa di tale principio nella nuova Costituzione cilena, attraverso una formulazione diretta e chiara, sarebbe un grande passo in avanti, tra l'altro per il suo carattere di limite all'azione del legislatore e del giudice nella sfera punitiva.

L’esercizio abusivo della professione riformato. Il caso dell’attività odontoiatrica

Il testo si occupa delle conseguenze che il restyling legislativo al quale è stato sottoposto l’art. 348 c.p. riversa sul settore sanitario, più esposto di altri al fenomeno dell’abusivismo. In particolare, dopo aver analizzato le principali novità introdotte dalla c.d. riforma Lorenzin, ci si concentrerà sulle manifestazioni dell’esercizio abusivo nell’area odontoiatrica, dove esso si mostra capace di assumere forme societarie che acuiscono la carica di offensività delle condotte tenute dai sine titulis e che sollevano un interrogativo circa l’opportunità di innescare il meccanismo della responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001.

Il metodo mafioso nello spazio transfrontaliero

Quando il legislatore del 2006 ha introdotto la categoria di "reato transnazionale", ha chiaramente voluto considerare – addebitando precipue conseguenze – i riflessi che una condotta delittuosa può riverberare su più Stati. Si tratta però, a ben vedere, di spazi del diritto (e, ancor prima, sociali) in cui non sempre il reato riesce a conservare gli stessi connotati della condotta: è il caso del reato aggravato dal metodo mafioso ex art. 7 d.l. 152/1991, il quale accedendo al fatto può, talvolta, modificarne l'essenza fenomenica. È da questo nodo problematico – che lega assieme rilievi criminologici e implicazioni giuridiche – che occorre muovere per chiedersi se, alla luce dei principi che governano l'esegesi in materia penale, in questi casi possa ancora parlarsi di reato transnazionale, e dunque possano utilizzarsi gli strumenti di contrasto forniti dalla L. 146/2006.

L’insostenibile leggerezza. La non punibilità del fatto avente ad oggetto droghe leggere tra prospettive di riforma e ripieghi ermeneutici

Partendo dal sostanziale fallimento della politica criminale in materia di stupefacenti, l’articolo esamina le vie battute nel nostro ordinamento per ridimensionare l’area di rilevanza penale dei fatti aventi ad oggetto droghe ‘leggere’. Dall’analisi, emerge un quadro a due facce: da un lato, l’incapacità del legislatore di riformare l’attuale disciplina sul contrasto agli stupefacenti; dall’altro, la tendenza di certa giurisprudenza a escludere conseguenze penali per i fatti caratterizzati da minima pericolosità. Nel contributo, si argomenta che la soluzione esclusivamente giurisprudenziale, per quanto benefica, non sia sufficiente né in termini di certezza normativa, né in termini di efficace lotta al narcotraffico.