Commento alla sentenza Rol 8950-20 del 5 gennaio 2021
Questo articolo è suddiviso in tre parti e si occupa delle interazioni complesse che si instaurano tra bilanciamenti di competenza della Corte edu e bilanciamenti di competenza della Corte costituzionale sul terreno dei conflitti tra diritti convenzionali e interessi costituzionalmente rilevanti tutelati dal sistema penale nazionale. La prima parte dell’articolo (n. 3/2019) si concentra su un primo possibile modello di bilanciamento riscontrabile nella prassi applicativa del giudice sovranazionale, e cioè il bilanciamento ad hoc (o “caso per caso”); e arriva alla conclusione per cui, in questa prima famiglia di strategie decisionali, la Corte europea, rompendo la c.d. “connessione necessaria diritti/interessi”, quel che in realtà fa è decidere casi concreti mediante gerarchie astratte che affermano il primato unilaterale del bene convenzionale sul bene giuridico protetto dal legislatore statale. Il che avviene senza alcuna predeterminazione di regole generali e astratte di bilanciamento pensate in rapporto al caso generico e avvalendosi della direttiva interpretativa del “peso sproporzionato”. Nella seconda parte dell’articolo (n. 4/2019) si forniscono alcune esemplificazioni giurisprudenziali a dimostrazione dell’assunto, selezionandole tra quelle che più hanno occupato il dibattito penalistico nostrano sul tema. La terza parte dell’articolo si concentra infine sulle ipotesi in cui effettivamente la Corte europea formula standard generali e astratti di risoluzione del conflitto tra i beni convenzionali e costituzionali in gioco mettendo però in luce il dato di fondo per cui di solito lo fa esclusivamente in base alle caratteristiche specifiche del caso da decidere; e si avanza la tesi per cui, per produrre effetti vincolanti nei confronti delle giurisprudenze costituzionali nazionali, il bilanciamento di matrice europea o deve mettere a disposizione ex ante regole di collisione create in anticipo e al massimo livello possibile di generalità nel contesto di un’unica decisione o deve pervenire allo stesso risultato secondo la logica del precedente giudiziario, ossia in base a processi di accumulazione casistica e a giudizi di similarità/differenza ripetuti nel tempo
Le linee di tendenza della giurisprudenza costituzionale, nella relazione della Presidente Cartabia
Questo articolo è suddiviso in tre parti e si occupa delle interazioni complesse che si instaurano tra bilanciamenti di competenza della Corte edu e bilanciamenti di competenza della Corte costituzionale sul terreno dei conflitti tra diritti convenzionali e interessi costituzionalmente rilevanti tutelati dal sistema penale nazionale. La prima parte dell’articolo si concentra su un primo possibile modello di bilanciamento riscontrabile nella prassi applicativa del giudice sovranazionale, e cioè il bilanciamento ad hoc (o “caso per caso”); e arriva alla conclusione per cui, in questa prima famiglia di strategie decisionali, la Corte europea, rompendo la c.d. “connessione necessaria diritti/interessi”, quel che in realtà fa è decidere casi concreti mediante gerarchie astratte che affermano il primato unilaterale del bene convenzionale sul bene giuridico protetto dal legislatore statale. Il che avviene senza alcuna predeterminazione di regole generali e astratte di bilanciamento pensate in rapporto al caso generico e avvalendosi della direttiva interpretativa del “peso sproporzionato”. Nella seconda parte dell’articolo si forniscono alcune esemplificazioni giurisprudenziali a dimostrazione dell’assunto, selezionandole tra quelle che più hanno occupato il dibattito penalistico nostrano sul tema. La terza parte dell’articolo si concentra infine sulle ipotesi in cui effettivamente la Corte europea formula standard generali e astratti di risoluzione del conflitto tra i beni convenzionali e costituzionali in gioco mettendo però in luce il dato di fondo per cui di solito lo fa esclusivamente in base alle caratteristiche specifiche del caso da decidere; e si avanza la tesi per cui, per produrre effetti vincolanti nei confronti delle giurisprudenze costituzionali nazionali, il bilanciamento di matrice europea o deve mettere a disposizione ex ante regole di collisione create in anticipo e al massimo livello possibile di generalità nel contesto di un’unica decisione o deve pervenire allo stesso risultato secondo la logica del precedente giudiziario. ossia in base a processi di accumulazione casistica e a giudizi di similarità/differenza ripetuti nel tempo.
Questo articolo è suddiviso in tre parti e si occupa delle interazioni complesse che si instaurano tra bilanciamenti di competenza della Corte edu e bilanciamenti di competenza della Corte costituzionale sul terreno dei conflitti tra diritti convenzionali e interessi costituzionalmente rilevanti tutelati dal sistema penale nazionale. La prima parte dell’articolo si concentra su un primo possibile modello di bilanciamento riscontrabile nella prassi applicativa del giudice sovranazionale, e cioè il bilanciamento ad hoc (o “caso per caso”); e arriva alla conclusione per cui, in questa prima famiglia di strategie decisionali, la Corte europea, rompendo la c.d. “connessione necessaria diritti/interessi”, quel che in realtà fa è decidere casi concreti mediante gerarchie astratte che affermano il primato unilaterale del bene convenzionale sul bene giuridico protetto dal legislatore statale. Il che avviene senza alcuna predeterminazione di regole generali e astratte di bilanciamento pensate in rapporto al caso generico e avvalendosi della direttiva interpretativa del “peso sproporzionato”. Nella seconda parte dell’articolo si forniscono alcune esemplificazioni giurisprudenziali a dimostrazione dell’assunto, selezionandole tra quelle che più hanno occupato il dibattito penalistico nostrano sul tema. La terza parte dell’articolo si concentra infine sulle ipotesi in cui effettivamente la Corte europea formula standard generali e astratti di risoluzione del conflitto tra i beni convenzionali e costituzionali in gioco mettendo però in luce il dato di fondo per cui di solito lo fa esclusivamente in base alle caratteristiche specifiche del caso da decidere; e si avanza la tesi per cui, per produrre effetti vincolanti nei confronti delle giurisprudenze costituzionali nazionali, il bilanciamento di matrice europea o deve mettere a disposizione ex ante regole di collisione create in anticipo e al massimo livello possibile di generalità nel contesto di un’unica decisione o deve pervenire allo stesso risultato secondo la logica del precedente giudiziario. ossia in base a processi di accumulazione casistica e a giudizi di similarità/differenza ripetuti nel tempo
Il contributo analizza l’incidenza del canone di proporzione in rapporto alle nuove tecnologie di sorveglianza occulta sempre più di frequente impiegate nel contesto dell’indagine penale, prendendo dapprima in esame il contesto normativo e giurisprudenziale esistente a livello sovranazionale per poi soffermarsi sull’ordinamento italiano, esaminando infine talune criticità determinate da un ricorso al canone che non pare sempre assistito da adeguata consapevolezza.
La disciplina dei delitti ambientali inseriti nel codice penale induce ad interrogarsi intorno ad alcune questioni relative alla colpevolezza ed ai rapporti tra essa e la pena. In particolare, l’ambigua formulazione del nuovo art. 452-ter c.p. impone di verificare se gli eventi morte e lesioni personali debbano imputarsi a titolo di colpa. Inoltre, l’art. 452-quinquies c.p. stimola interessanti riflessioni sulla proporzione tra colpevolezza e pena.
L’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., è prevista solo per i reati puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena). Da ciò deriva l’inapplicabilità dell’esimente alla ricettazione di particolare tenuità ex art. 648, co. 2° c.p., punita nel massimo con sei anni di reclusione. La Corte costituzionale, con la sentenza in epigrafe, ha escluso che tale conseguenza sia irragionevole, ma ha anche evidenziato alcune incongruità nella normativa vigente, esortando il legislatore ad intervenire. Il presente contributo intende dimostrare come i dubbi sulla costituzionalità del parametro utilizzato dall’art. 131-bis c.p. non siano affatto fugati, prospettando una diversa formulazione della questione.
Le scelte sulla misura delle pene edittali, rientranti nella competenza politica del legislatore, possono essere controllate sotto il profilo della proporzione, in rapporto alla gravità dei diversi tipi di reato, alla luce del principio d’eguaglianza e dell’idea rieducativa. Ci sono anche vincoli relativi alla struttura delle cornici edittali: illegittimità di cornici eccessivamente dilatate, o che spezzano la corrispondenza fra variazioni di gravità del fatto e gli spazi di commisurazione discrezionale.