La dir. (UE) 2017/1371 sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea pone interessanti questioni nella prospettiva di attuazione nell’ordinamento italiano. Con riguardo alla repressione delle frodi viene tra l’altro in rilievo il rapporto tra gli artt. 316-ter e 640-bis c.p., da tempo dibattuto in dottrina e oggetto di controverse prese di posizione della giurisprudenza costituzionale, oltre che di legittimità. L’iter legislativo di recepimento della direttiva non ha tuttavia condotto alla soluzione di tale problema, determinando per contro l’insorgenza di ulteriori criticità
Il saggio analizza la ‘dinamica’ della rinuncia alla pena nel settore penale tributario delle persone fisiche. Individuata come chiave di volta irrinunciabile in un diritto penale tributario riscossivo, la non punibilità si incarica, all’indomani del d.lgs. 158/2015 e ancor più alla luce della l. 157/2019, di ‘completare’ gli strumenti di tutela del bene giuridico, in un contesto non privo, comunque, di criticità interpretative e di opzioni legislative talvolta distoniche rispetto alle linee di tendenza profonde del sistema.
L’ingresso dei reati tributari nel d.lgs. 231/2001 per effetto della L. 157/2019, seguita ora dal d.lgs. 75/2020, appare del tutto fisiologico, attesa struttura e ratio dell’imputazione dell’ente e costituisce, anzi, una risposta tardiva a quella tendenza sostanzialistica che ha sinora alimentato distorsioni interpretative in malam partem. Nel suo complesso, il sistema sembra peraltro già offrire possibili rimedi, in termini di proporzione sanzionatoria, a potenziali collisioni col ne bis in idem declinato secondo il parametro dell’idem factum e sulla base dei criteri giurisprudenziali di connessione sostanziale e procedimentale, con particolare riguardo alla disciplina del pagamento del debito tributario. Nondimeno, l’intervento normativo appare a tratti lacunoso o ambiguo ma, nel contempo, si presta ad avviare un decisivo revirement giurisprudenziale in tema di delega di funzioni
Il tratto qualificante della riforma dei reati tributari in materia di imposte dirette ed IVA attuata con il d.l. n. 124 del 2019, convertito con modificazioni nella l. n. 157 del 2019, risiede, da un lato, nell’inasprimento delle pene detentive, dall’altro lato, nell’introduzione di inedite sanzioni patrimoniali. La nuova confisca “allargata” disciplinata dal combinato disposto degli artt. 12 ter d. lgs. n. 74 del 2000 e 240 bis c.p. prevista per la massima parte dei reati fiscali contestati al contribuente persona fisica si affianca alla confisca ex art. 19 d. lgs. n. 231 del 2001 applicabile alla “persona giuridica” per i nuovi reati presupposto individuati dall’art. 25 quinquiesdecies d. lgs. n. 231 del 2001 commessi nell’interesse o a vantaggio dello stesso ente (da ultimo modificato con l’attuazione della Direttiva PIF). Si impone una lettura sistematica della materia, ispirata alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale, per limitare il rischio di pene sproporzionate, anche a fronte di una prassi che utilizza ampiamente la confisca ex art. 12 bis d. lgs. n. 74 del 2000 e, nei confronti dell’evasore seriale, la confisca di prevenzione, anticipando tali sanzioni con altrettanti sequestri