Il contributo evidenzia le linee di un nuovo garantismo inquisitorio idealmente tracciate da una recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass., Sez. un., 26 Marzo 2015, n. 33583, Imp. Lo Presti), che, ponendo fine a un lungo contrasto giurisprudenziale, ha sancito l'inutilizzabilità dell'esame ex art. 210, comma 6, c.p.p. svoltosi senza la previa formulazione dell'avvertimento stabilito all'art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p., pur salva la possibilità di rinnovarlo validamente seguendo gli avvertimenti di rito. Questa soluzione viene criticata dall'A.: ad un'errata messa a fuoco sulla platea dei soggetti dichiaranti cui effettivamente applicarsi l'art. 210, comma 6, c.p.p. si cumula una lettura non convincente, e, anzi, parzialmente abrogativa, in ordine alla portata sanzionatoria dell'art. 64, comma 3-bis, c.p.p.. Unitamente ad ulteriori osservazioni sul contenuto della summenzionata pronuncia di legittimità, l'A. formula osservazioni di carattere generale riguardanti l'istituto della testimonianza assistita, evidenziandone tanto il reale significato dogmatico (di matrice inquisitoria) quanto il cortocircuito strutturale determinato dall'opaca e malcostruita disciplina dell'art. 210, comma 6, c.p.p..
L’affermarsi di un diverso modello familiare, accanto a quello tradizionale fondato sul matrimonio, ha posto il problema dell’estensione delle disposizioni concernenti i diritti dei coniugi alle coppie di fatto. Nel codice penale, così come in quello di procedura penale, infatti, il legislatore ha fatto spesso riferimento alla nozione di “prossimi congiunti”, la cui definizione è contenuta nell’art. 307 c.p., che non comprende la categoria dei conviventi c.d. more uxorio. Con il presente contributo ci si propone di verificare se questo mancato richiamo possa essere superato in via esegetica. È chiaro che un’operazione di questo genere va condotta con grande cautela. Il rischio è di andare oltre l’intentio legis e i limiti imposti dalla disciplina. Ecco perché può essere utile partire, di volta in volta, dalla ratio della norma di riferimento, differenziando quelle situazioni in cui emerge la titolarità di diritti, enunciati in forma tassativa, che affondano le loro radici nel vincolo matrimoniale e nel rilievo giuridico attribuito all’istituzione matrimoniale in sé, da quelle situazioni in cui risulta prevalente l’importanza del dato fattuale rappresentato dall’esistenza di un aggregato di tipo familiare, in considerazione del legame sentimentale e del vincolo solidaristico che lega ciascuno dei suoi componenti.