Con la recentissima entrata in vigore della legge n. 236/2016, il nostro legislatore ha finalmente provveduto a colmare un grave lacuna del nostro sistema penale: il fenomeno criminoso del traffico di organi, fino ad oggi fronteggiato marginalmente attraverso l’introduzione di uno sparuto gruppo di disposizioni incriminatrici extracodicistiche, è stato finalmente fatto oggetto di una serie di nuove fattispecie che hanno fatto ingresso nel codice penale. I delitti formulati nel nuovo art. 601bis, collocati tra quelli contro la personalità individuale, vanno a punire, da un lato, le condotte con cui gli organi umani prelevati da vivente vengono mercificati, fatti circolare o trattati illegalmente e, dall’altro, quelle di propaganda e di pubblicizzazione dei viaggi e degli annunci finalizzati al traffico di organi. Al contempo, la legge di riforma ha provveduto a razionalizzare una parte del corpus di norme penali complementari esistenti in materia, abrogando l’art. 7 della legge n. 458/1967 e conseguentemente elevando l’art. 22bis della legge n. 91/1999 a unica norma incriminatrice della mediazione per fini di lucro nella donazione di qualunque organo prelevato da vivente. Nonostante l’iniziativa del legislatore sia lodevole, emergono una serie di questioni problematiche, che riguardano sia l’inquadramento sistematico delle nuove fattispecie sia l’esigenza, attualmente rimasta inappagata, che il nostro ordinamento si adegui alle previsioni di contenuto penale contenute nella Convenzione del Consiglio d’Europa, del 2014, contro il traffico di organi.