Il traffico illecito di rifiuti pericolosi su base transnazionale è un fenomeno preoccupante e difficile da contrastare, non solo per il coinvolgimento attivo della criminalità organizzata, ma anche per la mancanza di regimi normativi omogenei di controllo e di punizione in ambito sia europeo che internazionale. La stessa Direttiva 2008/99/CE sui reati ambientali non descrive in dettaglio le singole fattispecie criminose in materia, né prescrive specifici tipi e livelli di sanzioni penali. Lo scenario normativo in Europa è pertanto alquanto variegato: a differenza dell’ordinamento italiano – caratterizzato dalla espressa previsione del delitto di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” (art. 452 quaterdecies c.p.) – in altre nazioni difetta una fattispecie specificatamente mirata a contrastare il traffico organizzato di rifiuti, né sono in vigore sanzioni adeguatamente severe. Appare allora imprescindibile orientarsi verso una fattispecie comune europea di traffico illecito di rifiuti, da adottare avvalendosi delle competenze normative dell’Unione Europea in materia penale, ai sensi dell’Art. 83 TFUE. Da ultimo, il contrasto efficace a tale fenomeno impone il ricorso ad appropriati strumenti di prevenzione, nonché l’adozione di un approccio interdisciplinare, per avvalersi di professionalità ed esperienze diversificate.
Il presente studio affronta il delicato tema dei traffici illeciti di rifiuti, con specifico riguardo all’area Mediterranea, al fine di individuare efficaci strumenti di prevenzione e repressione del fenomeno eco-mafioso. A tal proposito si prendono le mosse da un’analisi preliminare delle dinamiche attraverso cui quest’ultimo si manifesta, dei modelli operativi, dei soggetti coinvolti e dei ruoli ricorrenti. Quindi, dopo aver analizzato il reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, tradizionalmente previsto dall’art. 260 d.lgs. 152/2006 e oggi riprodotto dall’art. 452 quaterdecies c.p. e averlo posto in relazione con gli artt. 416 e 416 bis c.p., si passano in rassegna l’aggravante "eco-mafiosa” e “ambientale”, introdotte con la l. 68/2015 per perseguire le forme di criminalità ambientale che interagiscano con associazioni criminose. La normativa e le politiche criminali vigenti vengono esaminate in chiave critica per verificarne l’effettiva idoneità a cogliere la complessa dinamica attraverso cui il fenomeno si manifesta e a colpirlo nei suoi tratti distintivi e nel suo preciso atteggiarsi. In tale contesto, preso atto delle criticità che il panorama normativo presenta e considerate le similitudini con la struttura delle associazioni per delinquere, viene valutata l’opportunità di introdurre nell’ordinamento italiano la fattispecie associativa ad hoc dell’ “associazione per delinquere contro l’ambientale”.