con la colaboración cientí­fica de
ISSN 2611-8858

Temas

Ejecución de la pena

Uno sguardo ‘oltremanica’: strategie di contrasto del sovraffollamento carcerario nel modello inglese

Il rifiuto da parte del Regno Unito di una richiesta di estradizione italiana – per effetto della nota sentenza Toreggiani – stimola delle considerazioni di natura comparata. Il presente contributo propone una panoramica delle tecniche e strategie di contrasto del sovraffollamento penitenziario adottate negli ultimi anni in Inghilterra, paese con uno tra i più elevati tassi di popolazione carceraria in Europa. Lo studio del modello inglese, pur tra le presenti antinomie e specificità di quel sistema, può offrire degli interessanti spunti di riflessione al vivace dibattito italiano tuttora in corso in questa materia.

Giudicato costituzionale, processo penale, diritti della persona

Il presente scritto muove da una recente pronuncia delle Sezioni Unite, che mette sul tappeto in termini del tutto inediti la questione della tenuta del giudicato penale e dei conseguenti poteri della magistratura d’esecuzione a seguito di una decisione d’incostituzionalità di una norma penale diversa da quella incriminatrice. La questione ripropone il tema della legalità della pena in fase esecutiva, un tema che va ormai certamente affrontato alla luce del diritto costituzionale e dello international human rights law. Qui, peraltro, la Corte di Cassazione, movendo dal presupposto che la norma incostituzionale sia stata applicata dal giudice della cognizione, demanda al giudice dell’esecuzione la rideterminazione del bilanciamento tra circostanze e con essa la ridefinizione della sanzione, affidando così alla magistratura esecutiva scelte valoriali che competono al processo di cognizione. Questo lavoro analizza se e come, in una situazione quale quella affrontata dalle Sezioni Unite, tale conclusione sia praticabile e, ripercorrendo le tappe della distinzione sul piano dell’efficacia temporale della legge penale tra illegittimità costituzionale e riforma legislativa, propone una riflessione assiologicamente orientata sul giudicato penale.

I delicati problemi applicativi di una norma che non c’è (a proposito di presunte ipotesi ostative alla liberazione anticipata speciale)

Il contributo affronta il controverso tema della concedibilità del beneficio della liberazione anticipata speciale ai condannati per taluno dei delitti previsti dall’art. 4-bis ord. penit., con riferimento alla condotta tenuta prima dell’entrata in vigore della legge n. 10/2014. L’A. rileva come – a differenza di quanto presumibilmente il Parlamento si riprometteva di prevedere e di quanto la giurisprudenza prevalente ritiene – il secondo comma dell’art. 4 della legge citata, dedicato appunto al passato, non sancisca alcuna preclusione per tale categoria di condannati. Né sarebbe possibile ricavarla in via analogica dall’esclusione prevista dal primo comma, con riguardo alla condotta tenuta dopo l’entrata in vigore della legge, essendo questa disposizione di natura eccezionale. L’A. comunque afferma che – anche a voler ammettere per ipotesi che questa operazione interpretativa sia praticabile, e che quindi si possa ritenere che la legge n. 10/2014, nel convertire il d.l. n. 146/2013 abbia introdotto un divieto di concessione della liberazione anticipata speciale ai condannati di cui all’art. 4-bis, anche con riguardo ai periodi pregressi – non si possa negare la concessione del beneficio a questa categoria di condannati quando la loro richiesta si basa su fatti verificatisi nel vigore del decreto-legge. Reputa, infatti, che la norma riguardante la liberazione anticipata speciale abbia natura sostanziale e che la mancata conversione del decreto legge ne vanifichi l’efficacia solo con riguardo a fatti ad esso pregressi (Corte cost. n. 51/85).

Recenti orientamenti sul lavoro di pubblica utilità

L’ordinanza del Tribunale di Palermo commentata diventa l’occasione per una più approfondita riflessione sull’istituto del lavoro di pubblica utilità. Dopo aver rammentato le diverse disposizioni normative che contemplano l’istituto e con esse le differenti nature giuridiche che il lavoro di pubblica utilità assume nel nostro ordinamento, lo scritto si concentra sull’ipotesi di cui al comma 9 bis dell’art. 186 C.d.S., fornendo un quadro completo dei principali e più recenti arresti giurisprudenziali in materia, per poi riflettere sulle problematiche specifiche poste dall’ordinanza: la modifica delle modalità di esecuzione e l’individuazione di un Ente non convenzionato in cui svolgere l’attività lavorativa.

Profili di diritto processuale penale e penitenziario in tema di coppie di fatto

L’affermarsi di un diverso modello familiare, accanto a quello tradizionale fondato sul matrimonio, ha posto il problema dell’estensione delle disposizioni concernenti i diritti dei coniugi alle coppie di fatto. Nel codice penale, così come in quello di procedura penale, infatti, il legislatore ha fatto spesso riferimento alla nozione di “prossimi congiunti”, la cui definizione è contenuta nell’art. 307 c.p., che non comprende la categoria dei conviventi c.d. more uxorio. Con il presente contributo ci si propone di verificare se questo mancato richiamo possa essere superato in via esegetica. È chiaro che un’operazione di questo genere va condotta con grande cautela. Il rischio è di andare oltre l’intentio legis e i limiti imposti dalla disciplina. Ecco perché può essere utile partire, di volta in volta, dalla ratio della norma di riferimento, differenziando quelle situazioni in cui emerge la titolarità di diritti, enunciati in forma tassativa, che affondano le loro radici nel vincolo matrimoniale e nel rilievo giuridico attribuito all’istituzione matrimoniale in sé, da quelle situazioni in cui risulta prevalente l’importanza del dato fattuale rappresentato dall’esistenza di un aggregato di tipo familiare, in considerazione del legame sentimentale e del vincolo solidaristico che lega ciascuno dei suoi componenti.

L’urlo di Munch della magistratura di sorveglianza

Il problema del sovraffollamento carcerario ha natura costituzionale, e impone di introdurre nell’ordinamento un rimedio giurisdizionale di ultima istanza quale il differimento dell’esecuzione della pena se da scontarsi in condizioni contrarie agli standard indicati dalla Corte EDU. E’ solo per l’assenza di “rime obbligate” che la Corte costituzionale non opera direttamente la manipolazione richiesta dai Tribunali di Sorveglianza di Venezia e di Milano. Il monito rivolto al legislatore affinché provveda senza indugio, fa della sentenza n. 279/2013 una dichiarazione d’incostituzionalità accertata ma non dichiarata.

Il messaggio del Presidente Napolitano e le politiche penali

Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica in data 8 ottobre 2013, mirato sulla questione carceraria, mette in discussione in modo diretto il sovraffollamento carcerario e l’obbligo di conformarsi alla sentenza pilota della Corte EDU 8 gennaio 2013, entro il termine di un anno dalla sua pubblicazione (“inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all’Italia dalla Corte di Strasburgo”). Vi è affermata la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia: un imperativo, ad un tempo, giuridico e politico e morale. Ma in gioco c’è molto più. Accanto all’urgenza di rimediare alla violazione in atto, – anche con rimedi straordinari – vi è l’esigenza di incidere sulle condizioni che hanno prodotto e potrebbero riprodurre l’attuale stato di sovraffollamento intollerabile. Un’esigenza dunque (così il testo presidenziale) di innovazioni di carattere strutturale.