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ISSN 2611-8858

Temi

Diritti processuali fondamentali

Bias e giustizia penale

12th Conference on the future of adversarial and inquisitorial systems, Università di Bologna, 17 - 19 maggio 2023

Il mosaico e la politica: il singolare e il globale nel diritto penale cileno, dopo (quasi) 150 anni del suo Codice Penale

Il contributo offre una panoramica delle linee essenziali del diritto e della procedura penale cileni. L'attenzione è rivolta soprattutto al Codice Penale cileno, il più antico del mondo in lingua spagnola. In particolare, l’Autore si sofferma sulla storia, lo spirito e i soggetti che costituiscono il diritto penale cileno, con particolare attenzione alla crisi della legalità, al ruolo della dottrina e ad alcune discussioni contemporanee di portata globale. Il quadro complessivo ci permette di apprezzare l'espansione accelerata e variegata della legislazione penale in Cile, ben dentro il XXI secolo, con sfide quali l'emergere della vittima, il populismo penale e una certa politicizzazione dei discorsi dottrinali, nel quadro di un cambiamento del linguaggio del diritto (diritti umani). Il contributo si chiude con uno sguardo sul “nuovo” processo penale, dopo quasi un quarto di secolo dalla sua introduzione.

Intelligenza Artificiale e diritti fondamentali

Pubblicato il report dell’European Union Agency for Fundamental Rights (FRA)

Un’analisi comparata delle procedure preliminari al giudizio in Europa: alla ricerca di un modello ideale

Libro a cura di Edward Johnston, Rahime Erbaş e Dan Jasınskı, Istanbul University Press, 2020

Prendendo sul serio il diritto al silenzio: commento a Corte cost., ord. 10 maggio 2019, n. 117

Il diritto al silenzio occupa da sempre un posto centrale nel misurare il livello di tutela garantito all’indagato e all’imputato. A fronte di una sempre più diffusa interpretazione sostanziale della materia penale, la necessità di riconoscere questa prerogativa fondamentale si pone oggi anche nel contesto di procedimenti amministrativi punitivi, sollevando diversi profili problematici. Il presente contributo commenta l’ordinanza di rinvio pregiudiziale con cui la Corte costituzionale interroga i giudici del Lussemburgo sulla legittimità della sanzione – prevista anche dal diritto UE – per il rifiuto a cooperare del soggetto sottoposto ad accertamento Consob. Dopo aver esaminato i possibili scenari decisionali della Corte di giustizia ed i rispettivi risvolti sul piano interno, l’analisi si conclude con una riflessione sulla sostenibilità del diritto processuale “allargato” predicato dalla dottrina Engel.

Il nemo tenetur se detegere nel labirinto delle fonti

Con l’ord. n. 117 del 2019 la nostra Corte Costituzionale ha vagliato l’applicabilità del diritto al silenzio anche ai procedimenti amministrativi funzionali all’irrogazione di sanzioni sostanzialmente punitive. In quest’occasione, in particolare, la Corte sembra aver sperimentato un’interpretazione del dettato costituzionale ‘integrata’ con le fonti sovranazionali, semanticamente rigenerando il concetto di “procedimento” rilevante ai sensi dell’art. 24 Cost. A partire da questa considerazione, l’Autore, esaminate le ricadute della pronuncia rispetto al rapporto con gli ordinamenti ‘altri’, analizza altresì la ‘nuova’ geometria costituzionale del diritto al silenzio, esplorando in particolare la possibilità di ampliare a tutto il diritto amministrativo - quale che sia la natura delle sanzioni in gioco - la garanzia in parola.

Vero e falso nella transizione del processo penale italiano verso il sistema bifasico

La casistica giurisprudenziale italiana degli ultimi tempi appare sempre più orientata a riconoscere alla giurisdizione esecutiva ampie possibilità di intervento correttivo e manipolativo della pena inflitta con il giudicato di condanna. Il che, realizzando un effetto di sostanziale “sdoppiamento” tra il giudizio di accertamento della responsabilità e quello di applicazione della sanzione, evoca forti suggestioni comparatistiche con il sistema processuale bifasico di derivazione anglo-americana. In questa prospettiva, il presente articolo mira a verificare se il suddetto fenomeno evolutivo rappresenti un ulteriore e nuovo tentativo, da parte del processo penale italiano, di avvicinarsi al modello accusatorio di Common Law o costituisca, piuttosto, il riflesso della sua stessa, insopprimibile natura inquisitoria