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ISSN 2611-8858

Temi

Riciclaggio

La lotta all’evasione fiscale tra confisca di prevenzione e autoriciclaggio

L’articolo esamina criticamente la diversa interpretazione adottata dalle Sezioni Unite in relazione alla confisca di prevenzione e alla confisca ex art. 12 sexies d.l. 306/’92, non consentendo solo nel primo caso di tenere conto dei proventi dell’evasione fiscale e dei redditi leciti, ma sottratti al fisco, per calcolare il carattere sproporzionato, rispetto al reddito o all’attività economica, del valore dei profitti da confiscare, finendo per consentire la confisca di beni di origine lecita in contrasto con il principio di legalità e di proporzione; soluzione che recenti progetti di legge vogliono estendere anche alla confisca ex art. 12 sexies, in una logica che rischia di essere sproporzionata e complessivamente incoerente in termini di politica criminale, in cui forme di confisca destinate alla lotta alla criminalità organizzata, a partire dalla confisca di prevenzione sono ormai utilizzate come strumenti di lotta all’evasione fiscale e in cui le stesse Sezioni Unite propongono di estendere il ragionamento alla base della confisca della c.d. “impresa mafiosa” all’ipotesi di reinvestimento dei proventi dell’evasione fiscale in un’impresa originariamente lecita. La stessa logica che consentirà di utilizzare la nuova fattispecie di autoriciclaggio, nonostante la problematicità della nozione di profitto risparmio dei delitti tributari, per punire l’investimento dei proventi dell’evasione fiscale ben più gravemente delle stesse fattispecie presupposte.

Le (caleidoscopiche) ricadute penalistiche della procedura di voluntary disclosure: causa sopravvenuta di non punibilità, autodenuncia e condotta penalmente rilevante

Lo scritto ha ad oggetto le ricadute penalistiche della procedura di collaborazione volontaria, cd. voluntary disclosure, introdotta dalla l. 186/2014. In particolare, dopo una breve ricostruzione dei tratti caratterizzanti la collaborazione volontaria, vengono analizzati: (a) gli effetti in bonam partem conseguenti alla conclusione positiva della procedura, ovvero l’applicazione al cd. collaborante volontario e ai concorrenti nel reato di una causa sopravvenuta di non punibilità per alcuni delitti tributari e per le condotte di riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego aventi quale oggetto materiale il profitto dei predetti delitti; (b) i principali reati per cui la causa di non punibilità non opera e la relazione tra voluntary disclosure e responsabilità dell’ente ex d.lgs. 231/2001, valutando il rischio che l’accesso alla procedura possa risolversi in una sostanziale autodenuncia; (c) i possibili reati che possono essere commessi, abusando della procedura, e segnatamente i delitti di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero, di riciclaggio, di autoriciclaggio e di truffa ai danni dello Stato.

Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione

Ci si interroga sull’applicabilità della nuova incriminazione ai reati-presupposto commessi prima della sua entrata in vigore e ci si accorge che la soluzione affermativa, “politicamente scontata”, non è così facile da percorrere, tenendo conto delle regole generali. La questione dà l’occasione di ripercorrere taluni concetti della struttura del reato, quali la differenza tra “presupposto” e “condotta”, anche in una prospettiva sistematica. Ci si interroga infine sulla applicabilità della nuova incriminazione alle attività economiche già intraprese al momento dell’entrata in vigore della norma.

Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio

L’art. 648-ter.1. c.p. introduce nell’ordinamento italiano la fattispecie di autoriciclaggio, già prevista in numerosi Paesi. Le riserve sull’opportunità della nuova incriminazione appaiono superabili attraverso svariate considerazioni d’ordine politico-criminale. La struttura del delitto in esame ricalca in larga misura quella del riciclaggio, con alcune varianti degne di nota.

Note in prima lettura su responsabilità diretta degli enti ai sensi del d. Lgs. 231 del 2001 ed autoriciclaggio: criticità, incertezze, illazioni ed azzardi esegetici

Il lavoro, tratteggiando in modo mirato i profili della responsabilità diretta degli enti da reato di cui al d. lgs. 231 del 2001 e gli aspetti maggiormente significativi e conferenti del delitto di autoriciclaggio, si propone di evidenziare i confini operativi dell’autoriciclaggio quale reato-presupposto realizzato nell’interesse o a vantaggio dell’ente dai soggetti in esso inseriti.

Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”

Il lavoro, prendendo atto dell’introduzione del delitto di autoriciclaggio, si propone di evidenziarne gli aspetti maggiormente apprezzabili e i profili che, già ad una prima lettura, appaiono presentare possibili criticità. Su un piano più generale, si prospetta un potenziale effetto paradossale derivante dall’applicazione dei principi in materia di concorso di persone nel reato proprio, quale l’autoriciclaggio: l’interrogativo attiene, in particolare, alla perdurante operatività delle fattispecie comuni di cui agli artt. 648 bis e 648 ter c.p. Conclusivamente si concentra l’attenzione sulle interazioni tra delitti tributari e (auto)riciclaggio, legame “genetico”, considerato il contesto normativo in cui la norma incriminatrice ha trovato origine (disciplina della cd. voluntary disclosure), che solleva più di un interrogativo.

La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore

Il presente studio tenta di approfondire criticamente la questione, quanto mai attuale, dell’opportunità politico-criminale dell’abolizione della clausola di riserva posta in apertura all’art. 648 bis c.p. (c.d. “privilegio di autoriciclaggio”). Dopo un breve ambientamento del problema, in cui si evidenzia lo scarto tra la tipicità onnicomprensiva dell’odierna fattispecie di riciclaggio ed i modesti risultati pratici della norma, gli Autori si soffermano sull’inquadramento teorico della clausola di riserva e ne illustrano i maggiori profili di criticità in sede applicativa: segnatamente, la difficile perimetrazione del contributo causalmente rilevante alla commissione del reato presupposto, oltre alla complessa interazione tra riciclaggio e fenomeni associativi. Quindi, analizzate “a campione” alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità in materia di autoriciclaggio, vengono brevemente richiamate le esperienze di alcuni ordinamenti stranieri, per verificare se ed in quali termini il self laundering è criminalizzato nel panorama internazionale. Tirando le fila del discorso, gli Autori esprimono forti perplessità rispetto all’abrogazione della clausola di riserva, laddove alla stessa non si accompagni un profondo ripensamento – strutturale e ad ampio raggio – dell’intera fattispecie di riciclaggio.