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ISSN 2611-8858

Temi

Terrorismo

Mémoire, loi et terrorisme. L’expérience française

L'article part du constat que le terrorisme, contrairement au crime ordinaire, supprime le temps parce que quand l’attentat survient, il est déjà trop tard : c’est une défaite pour le pouvoir et cela met à l’épreuve nos démocraties. Le terrorisme oblige donc la justice à bouleverser, elle aussi, son rapport au temps. À partir de là, l'auteur commence son analyse des relations entre le terrorisme, le temps et la justice pénale, en particulier en termes d'anticipation.

El TEDH a vueltas con los black sites

Le sentenze della CEDU del 31 maggio 2018 nei casi Abu Zubaydah c. Lituania e Al Nashiri c. Romania dimostrano ancora una volta, nonostante le loro ripercussioni pubbliche siano piuttosto scarse, la complicità degli stati dell'UE con una politica antiterrorista statunitense in grado di mettere in discussione il divieto di tortura.

Le 'nuove' misure di congelamento nazionali e il traffico di capitali volti al finanziamento del terrorismo

Sulla falsariga del blacklisting sovranazionale, il legislatore italiano ha introdotto con D. Lgs. n. 90/2017 le misure di congelamento nazionali, votate alla prevenzione e contrasto del finanziamento del terrorismo. Si affaccia sulla scena nazionale un nuovo strumento di controllo dei flussi di capitali che – realmente o virtualmente – attraversano il Mediterraneo per sostenere l’azione dell’ISIL o di altre organizzazioni terroristiche. Il contributo muove dall’analisi della nuova norma e, inquadrata la novella nell’ambito delle misure di prevenzione a carattere interdittivo, si interroga sulla sua compatibilità con i principi che ne governano il funzionamento, evidenziandone le criticità: da un lato, il deficit di giurisdizionalizzazione, dall’altro, le incertezze legate al giudizio di pericolosità. Il vuoto di tutela che grava sul soggetto listato spinge a domandarsi se la misura sia espressione di un adeguato e legittimo bilanciamento tra security e liberty.

Tra guerra e terrorismo: le giurisprudenze nazionali alla prova dei foreign fighters

Nel quadro della controversa questione relativa ai regimi giuridici applicabili alle attività violente tenute all’interno di un contesto di guerra, l’intervento autorevole della Sezione I della Corte di Cassazione aveva consentito di identificare, facendo perno sulla qualifica dei soggetti passivi degli attacchi armati, un “nocciolo duro” di condotte certamente identificabili come “terroristiche”. Il fenomeno dei foreign fighters, collocandosi in una zona grigia ancora non del tutto coperta né dall’elaborazione giurisprudenziale, né tanto meno dalla produzione legislativa, sollecita tuttavia gli interpreti a nuovi sforzi ermeneutici per cercare di sciogliere il nodo dato dalla sovrapposizione in questa materia tra diritto penale nazionale, internazionale e diritto umanitario. Nella perdurante assenza di decisi interventi normativi in questo senso, l’analisi comparata delle decisioni prese dai tribunali nazionali si presenta come uno strumento utile a mappare le emergenti linee guida elaborate dinnanzi a questo fenomeno da parte della giurisprudenza europea.

Terrorismo e sistema penale: realtà, prospettive, limiti - Presentazione del corso

Il testo riproduce la relazione introduttiva al VII Corso “Giuliano Vassalli” per dottorandi, svoltosi a Noto nel 2016, integrandola con i riferimenti alla struttura dell’inziativa e ai temi affrontati nel corso dei lavori e poi oggetto dei contributi di seguito pubblicati.

Terrorismo e sistema penale: realtà, prospettive e limiti - Introduzione agli atti

L’introduzione presenta le questioni concernenti la repressione penale del terrorismo che sono approfondite negli articoli pubblicati a seguire in questa rivista, i quali costituiscono gli atti del VII corso di formazione interdottorale di diritto e procedura penale “Giuliano Vassalli” per dottorandi e dottori di ricerca organizzato dall’Istituto superiore internazionale di scienze criminali (ISISC) a Noto nei giorni 11-13 settembre 2016.

L’illecito penale costruito ex latere subiecti: la “finalità di terrorismo” alla prova del diritto penale del fatto

Se è vero che “la persona umana è al centro del diritto penale”, è parimenti innegabile come tale formula, in un diritto penale orientato al fatto ed al danno concreto ed offensivo, non possa essere utilizzata per legittimare meccanismi di incriminazione “a parte subiecti”. Per questo, rispetto ad un “contesto d’incriminazione” sbilanciato (pericolosamente) sul versante soggettivo, si rende necessario individuare dei “correttivi” che consentano di ricondurre la fattispecie incriminatrice ad una dimensione di obiettivo disvalore già sul piano del fatto. Nei reati a “finalità di terrorismo”, la rilevanza attribuita alla sola Intentionsunwert seguita dall’associazione di cui all’art. 270-bis c.p. ripropone ancora una volta il problema di precisare con maggiore chiarezza il ruolo sistematico da attribuire al c.d. dolo specifico. Attraverso la sua esegesi, infatti, sembrerebbe essere possibile colmare quel deficit di “oggettività” che, altrimenti, caratterizzerebbe la fattispecie associativa prevista dall’art. 270-bis c.p.

L’adesione ideologica al terrorismo islamista tra giustizia penale e diritto dell’immigrazione

L’insidiosità delle nuove forme di propaganda e incitamento adoperate dai moderni terroristi, specie di matrice jihadista, ha prepotentemente riportato alla luce la storica tensione tra libertà di manifestazione del pensiero e sicurezza pubblica. Questo lavoro si propone di analizzare sinteticamente come, in tempi recenti, questi due contrapposti interessi siano stati bilanciati nel diritto penale e nel diritto amministrativo dell’immigrazione. L’idea di fondo che ispira la trattazione è che l’ordinamento abbia ‘scaricato’ sul secondo àmbito le istanze di prevenzione e repressione tradizionalmente appannaggio del primo, prediligendo reagire agli episodi di adesione ideologica verso il fenomeno terroristico (tweets, download di video, proclami in pubblico) con lo strumento dell’espulsione amministrativa piuttosto che col processo penale. Ne deriva un sistema dall’alto tasso di effettività ove, tuttavia, le garanzie sostanziali e procedurali connesse alla libertà d’espressione - specialmente di cittadini stranieri - rischiano di venire drasticamente compresse.

La resistibile ascesa del segreto di stato: tra salus rei publicae, «nero sipario» e strisciante impunità

L’impiego del segreto di Stato nel processo penale e il pericolo di gravi attentati terroristici portano a indagare l’interpretazione che la Corte costituzionale ha fornito della l. n. 124 del 2007 nell’ambito della nota vicenda Abu Omar. Le soluzioni cui essa è pervenuta non hanno convinto chi, come la Corte EDU, ritiene che la tutela dei diritti dell’individuo proclamati «inviolabili» dalle carte costituzionali debba essere assicurata in ogni caso, specialmente laddove essi si rapportino a gravi forme di criminalità. Non è tollerabile, in altri termini, che le garanzie dell’individuo siano compresse proprio nel momento in cui di esse v’è maggiore necessità.

Lo statuto del “terrorista”: tra simbolo ed anticipazione

Nella lotta interna al terrorismo internazionale il legislatore italiano, in estrema approssimazione, ha normato secondo due tipi di trend. Da un lato, si è cercato di colpire le organizzazioni terroristiche a monte, sul piano del sostentamento economico, mediante una serie di disposizioni volte a congelarne i beni; dall’altro, sono state predisposte norme fortemente anticipatorie della soglia della tutela penale. La criminalizzazione di semplici atti preparatori, ingrediente fondamentale nella lotta ad un fenomeno che si mira a prevenire, non determina problemi allarmanti; a contrario, le fattispecie che anticipano la soglia dell’intervento penale per il tramite di condotte particolarmente generiche, attraverso disposizioni che si pongono palesemente in contrasto con il principio di tassatività, rappresentano una degenerazione del sistema che rischia di consegnare al potere giudiziario un’eccessiva libertà discrezionale. Non potendo le possibili soluzioni sul piano ermeneutico soddisfare l’operatore giuridico, è quindi necessario che il legislatore intervenga nel modo più coerente possibile con il principio di tassatività delle fattispecie penali. In ultimo luogo, è auspicabile che vengano altresì predisposte idonee politiche d’integrazione al fine di prevenire, sul piano sociale prim’ancora che penale, l’insorgenza di radicalizzazioni che possano sfociare in fenomeni terroristici.