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ISSN 2611-8858

Temi

Regole probatorie

La valutazione di sospetti, indizi e notizie di reato nel passaggio (incerto) dalle attività ispettive alle funzioni di polizia giudiziaria

Il principio di legalità non è rivolto soltanto al diritto penale, ma guarda anche al processo ed attraverso il rispetto delle regole del procedimento probatorio intende assicurarne la giustizia. Se la circolazione degli elementi di prova acquisiti nell’esercizio dei poteri istruttori costituisce un limite ai principi di oralità e del contraddittorio, l’art. 220 disp. att. c.p.p. pone un controlimite all’utilizzabilità delle risultanze acquisite in sede amministrativa dal momento in cui emergono indizi di reato. Tra le diverse funzioni esercitate, l’art. 220 disp. att. garantisce, a livello di legislazione ordinaria, alcuni diritti fondamentali internazionalmente riconosciuti e costituzionalmente tutelati, in particolare, dall’art. 111 della Costituzione a norma del quale “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”.

La prova del DNA nella pronuncia della cassazione sul caso Amanda Knox e Raffaele Sollecito

Nell’annullamento della condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito un ruolo centrale è stato assunto da alcune questioni connesse alla interpretazione delle tracce di DNA. L’articolo si focalizza su alcuni passaggi della sentenza della Corte di Cassazione, con specifico riferimento all’utilizzo e alla valutazione della prova genetica.

La prova dell’alterazione alla guida: una comparazione tra Italia e Germania

Il presente contributo è il frutto di un lavoro di confronto tra la disciplina italiana e quella tedesca in materia di accertamento processuale dei reati di guida in stato di ebbrezza ed alterazione da droghe. Il parallelo muove dall’esame della normativa straniera, alla quale l’autrice giustappone quella interna, ravvisando man mano analogie e differenze. La diversa visione prospettica offre numerosi spunti di riflessione su temi spesso trascurati dal giurista italiano, due dei quali toccano punti nevralgici del processo penale: l’estensione accordata alla tutela del diritto contro le autoincriminazioni rispetto alle prove non dichiarative, da un lato; le regole di esclusione e valutazione della prova c.d. scientifica, dall’altro.

I rapporti fra processo penale e altri procedimenti nell’unità dell’ordinamento giuridico

Il problema dei rapporti tra il processo penale e altri procedimenti svela un’area tematica di sconfinate proporzioni, all’interno della quale possono apprezzarsi fenomeni non direttamente riconducibili all’area della pregiudizialità in senso stretto. Un’analisi della tematica rivolta alle fattispecie sostanziali mette così in luce tipologie assai differenziate di collegamenti tra procedimenti emergono dalla struttura delle diverse norme penali, collegamenti che rinviano ora a situazioni giuridiche oggetto di un distinto procedimento penale ora a provvedimenti, interinali o definitivi, di un’altra giurisdizione. L’esame di queste ultime ipotesi mette in luce situazioni di diversa natura, nelle quali l’interesse della legge penale non è necessariamente riferibile al provvedimento dell’altra giurisdizione in quanto tale ma a una pronuncia giurisdizionale quale fonte necessaria di produzione giuridica della situazione giuridica in essa contenuta. Alla luce di queste premesse, il presente scritto prende in esame vari fenomeni proponendo un’indagine interdisciplinare che, muovendo dalle esigenze del diritto penale rispetto alla singola fattispecie, congiunga le prospettive del diritto penale, del diritto processuale civile e del diritto civile.

La metamorfosi del diritto delle prove nella direttiva sull’ordine europeo di indagine penale

Solo in apparenza limitandosi a riproporre soluzioni già sperimentate in passato, la nuova direttiva sull’ordine europeo di indagine penale (o.e.i.) genera una vera e propria metamorfosi delle prescrizioni probatorie previste dal nostro ordinamento. Da “regole” a struttura chiusa, imperniate su bilanciamenti tra i valori in gioco prestabiliti in astratto dal legislatore, queste prescrizioni si trasformano in “principi” a struttura aperta, il cui contenuto può essere individuato dal giudice in ciascuna vicenda concreta in base ad un proprio contemperamento tra le varie esigenze che si contrappongono nella raccolta transnazionale delle prove. Di qui il rischio che le autorità giudiziarie chiamate a raccogliere e ad utilizzare prove in base alla direttiva eccedano i poteri loro conferiti. È un pericolo che, come dimostrano alcune decisioni in tema di mandato di arresto europeo, non sempre la Corte di giustizia dell’Unione Europea è in grado di fronteggiare. Un possibile antidoto è rinvenibile nello stesso diritto UE: si identifica con il rispetto del principio di equivalenza con gli standards di protezione dei diritti fondamentali rinvenibili nella CEDU e nelle Costituzioni nazionali e del principio di proporzionalità, statuiti dagli artt. 52 e 53 Carta di Nizza. Ne discende che l’Unione non tollera restrizioni dei diritti fondamentali non finalizzate a proteggere interessi degni di rilevanza, non controbilanciate da adeguate garanzie processuali e non strettamente necessarie. Alle luce di queste coordinate di fondo è possibile delineare alcune guidelines operative nell’impiego degli o.e.i. tali da interferire, in particolare, con il diritto al confronto ed il diritto alla riservatezza.

Procedimento penale, diritto di difesa e garanzie partecipative nel diritto dell’Unione Europea

Gli ultimi due decenni hanno visto rafforzarsi nello scenario multiculturale europeo una concezione fortemente partecipativa di giustizia penale che, dovuta specie all’opera della giurisprudenza di Strasburgo, sta progressivamente diffondendosi in diversi settori del diritto processuale penale negli ordinamenti nazionali. All’interno del quadrante dell’Unione europea, superata la prima fase di normazione all’interno del III Pilastro, l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha posto le basi per l’avvio di un impegno delle istituzioni dell’Unione vòlto al consolidamento di standard minimi di tutela del diritto di difesa in relazione non solo alle procedure di cooperazione ma anche ai procedimenti nazionali. Sebbene ciò abbia dato avvio a una nuova stagione d’intensa attività normativa, il carattere abbastanza frammentario delle riforme varate fa sì che la voce e la partecipazione di privati all’amministrazione della giustizia penale sia ancora debole. Il presente scritto analizza il cammino percorso dall’Unione europea negli ultimi due decenni verso il rafforzamento di difesa nell’ambito di procedure sia nazionali sia transfrontaliere, verificando inoltre se e in che misura l’armonizzazione operata dall’Unione soddisfi i livelli di tutela richiesti dalla giurisprudenza di Strasburgo e stabiliti nei sistemi costituzionali nazionali.

La valutazione della gravità indiziaria per l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca

Il contributo analizza i presupposti che legittimano il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., mettendoin luce che, similmente a quanto già riconosciuto dal Supremo Collegio in relazione all’art. 53 d.lgs. 231/01, la sua adozione non può prescindere dalla verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del destinatario, quantomeno laddove la misura sia attuata in funzione anticipatoria della confisca.

Accertamenti tecnici ed elemento soggettivo del reato

Il presente contributo si prefigge lo scopo di sottoporre alla riflessione giuridica il tema della consulenza tecnica (psicologico-forense) sull’elemento soggettivo del reato. L’analisi cercherà di distinguere le problematiche teoriche (circa lo specifico costrutto psicologico oggetto di indagine scientifica) da quelle metodiche e strumentali (relative alle possibili tecniche di applicazione). A tal fine si riporterà una breve casistica di consulenze che, ad avviso degli autori, sono già collocabili (anche se forse inconsapevolmente) all’interno di tale ambito di accertamento tecnico.